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Civitas Invicta

Civitas Invicta

Butuntum (Bitonto), fine febbraio 1349. Il Castellano, comandante del presidio militare del Torrione di Bitonto, invita nella terrazza della struttura militare i quattro rappresentanti più autorevoli della locale Universitas (ovvero l’ente comunale, secondo la denominazione del Regno di Napoli), due syndici, Francesco Bove e Leone Castanea e due milites, Errico Labini e Paolo de Ferraris. I quattro, abituati come sono a guardare il Torrione dal basso, mostrano grande sorpresa quando si rendono conto del fantastico panorama che si può godere dalla terrazza. C’è un timido sole, ma il freddo è intenso e i loro occhi quasi lacrimano, non abituati a quell’altitudine e colpiti dal vento gelido che soffia da levante. Il Castellano, certo di attirare l’attenzione dei quattro uomini, propone di seguirlo al secondo piano del Torrione, dove viene servita una cena frugale con acqua, vino bianco e rosso, pane, olive verdi e nere, legumi abbrustoliti e agnello arrosto che vengono offerti agli ospiti, i quali mostrano di gradire molto quei cibi, mentre tutti insieme continuano a parlare del futuro di Butuntum e di tutte le città del regno, scambiandosi informazioni, commenti e previsioni per l’immediato futuro. Tutti convengono sui problemi che si delineano all’orizzonte e stringono un patto con un brindisi “Pro Butunto”! E così si organizzano corsi di addestramento alle armi per i cittadini della Universitas, insegnando ai più giovani a cavalcare, a impratichirsi nell’uso delle spade, degli archi e delle balestre per essere pronti a difendersi o a scendere in guerra. A questi corsi che si svolgono all’aperto nel territorio partecipano anche molte donne...

Tenero quando racconta storie d’amore, più crudele per la guerra, gli attacchi, le imboscate, cameratesco per gli allenamenti: questo romanzo assume mille facce diverse mentre ci racconta la storia di Bitonto e del territorio pugliese, approfondendo, insieme a questa, la storia di luoghi specifici e di specifiche leggende. In tutte queste situazioni narrative, comunque diverse, è sempre piacevole perdersi fra le righe, riconoscendo all’autore il grande sforzo di ricerca e ricostruzione storica. Un romanzo che è da leggere con molta cura, tanti sono i personaggi e i riferimenti storici, proprio per non perdersi dietro a tanti nomi. Ma, a onor del vero, va riconosciuto che le schematiche pagine iniziali del libro, quelle con i nomi, le cariche e i titoli, i luoghi e le cartine, sono tutti strumenti utilissimi che non permettono assolutamente di perdere qualche passaggio. Se una parola si dovesse esprimere per raccontare Civitas Invicta di Vito Tricarico, quella sarebbe di certo “accuratezza”, perché nulla è stato lasciato al caso e ogni suggerimento è utile per riportarci nel pieno del periodo storico, raccontato con così tanta dovizia di particolari. Interessanti poi le figure femminili, così coraggiose e pronte a dar battaglia e proprio per questo disposte anche a lavorare sodo con cavalli e armi, accanto ai propri uomini per riuscire nell’intento di non lasciare nulla al caso. Ma nelle descrizioni, nonostante tutti i simboli della guerra e l’abbigliamento all’orientale, che le rendono maggiormente libere nei movimenti, non perdono nemmeno un grammo della loro femminilità.