
Il Direttore del “Corriere del Ticino” vuole pubblicare un reportage su Coluche, il più famoso comico di Francia. Coluche è un personaggio controverso, irriverente, sboccato, non esente da droghe, alcol, invettive a sfondo politico, scandali e amicizie discutibili coltivate nella periferia dove è cresciuto. Il Direttore del quotidiano incarica il suo strampalato inviato di recarsi a Parigi sulle tracce del comico scomparso nel 1986, a 41 anni d’età. Il reporter ticinese, non conoscendo Coluche, non sapeva – ovviamente - neanche che fosse morto. Ma il lavoro è lavoro, e allora il giornalista lascia la sua casa nel Mendrisiotto e vola in Francia con la sua inseparabile sciarpetta, portandosi appresso il suo costante spaesamento accompagnato dalla mancanza del suo müesli preferito. Nell’albergo in cui approda, scopre che la maggior parte dei giornalisti sono lì per avvicinare Renaud, il cantautore rock più amato di Francia, che sta provando da una settimana nello storico locale “Bobino”. Lo svizzero, manco a dirlo, conosce a malapena la rockstar. Anzi, pensava fosse morto… scopre però che Renaud e Coluche, oggetto del suo interesse, erano amici stretti, da prima che entrambe le loro carriere spiccassero il volo. Mmm… una potenziale miniera d’informazioni. Peccato che anche Renaud abbia un carattere impossibile al pari del suo amico comico scomparso… Recatosi comunque al “Bobino”, il giornalista s’imbatte nell’addetta stampa che gli consiglia di basare le ricerche su una rara registrazione che un inviato di France Inter aveva realizzato nel ’99 in occasione di un concerto che lo stesso Reanaud aveva organizzato proprio in memoria di Coluche. E chi c’era al tavolo dell’intervista su bobina? Il cantautore George Moustaki, l’attrice Miou-Miou –compagna della prima ora del comico -, l’impresario Paul Lederman, Véronique Kantor – moglie di Coluche… bingo! Inizia così quella che sarà una vera e propria caccia al tesoro in ambienti del tutto estranei allo stralunato inviato ticinese…
Giangilberto Monti, nella sua genialità poliedrica e appassionata di musicista, autore di testi di cabaret e radiofonici, scrittore, ricercatore, studioso di Boris Vian e di chansonniers (e dimentico sicuramente qualcosa), veste i panni del suo alter ego svizzero per comporre una biografia vera - come veri sono molti dei personaggi che compaiono -, senza utilizzare lo schema del Saggio biografico. Riesce così a portarci a spasso per Parigi e ricostruire poco a poco, assieme a lui, la vita e il melieu di Colucci Michele, in arte “Coluche”. Aggiunge così alla narrazione quel tocco leggero di detection che non guasta mai e che serve a mettere la benzina necessaria ad alimentare l’interesse del lettore. Una cosa che invece non ho apprezzato è la traduzione delle canzoni di Renaud. In generale, vedere i testi di canzoni o poesie straniere in un italiano che si perita di riprodurre delle impossibili rime baciate, stravolge significativamente –a mio modo di vedere- lo stile originale. Avrei preferito che i testi fossero riportati in francese con traduzione fedele a fronte: la metrica avrebbe sballato ma, anche chi non dovesse conoscere la lingua straniera, avrebbe apprezzato comunque la coerenza formale e musicale dell’originale, valutandone il senso in italiano senza imbattersi in quella che inevitabilmente si trasforma in una filastrocca. Ma questo è il dilemma mai risolto della traduzione delle liriche, scuole di pensiero… A chi non conosce il personaggio Coluche, consiglierei di andarsi a cercare film e filmati e di leggere questo Saggio-Romanzo-Inchiesta. Chi conosce già questo clown cattivo, provocatore, irriverente e, a suo modo, candido, farà altrettanto bene a comprare il libro di Monti. Da seguace di quell’altro comico nevrotico, pazzo, carogna, arbitrario e vessatorio che fu Louis De Funès (ma perché non trasmettono più i suoi film?), vidi per la prima volta Coluche per caso, nel film L’ala o la coscia? (Claude Zidi, 1976), proprio accanto a De Funès. Interpretava il ruolo del figlio di quello che allora era, prima di lui, il “più famoso comico di Francia”. Rimasi incantato da quell’accoppiata opposta e speculare tanto nei ruoli ricoperti nel film quanto nella sostanza e nella realtà delle cose. L’uno –l’anziano- reazionario, intransigente, severo in modo arbitrario, fautore dell’ordine –il proprio-, punitivo. L’altro, il giovane Coluche, insofferente alle imposizioni, ribelle, sognatore, violento nei confronti delle ingiustizie. Entrambi però anarchici, individualisti e politicamente scorrettissimi. Nel film De Funès interpreta il ruolo di un severissimo e temutissimo critico gastronomico; Coluche, quello del figlio che non vuole seguire le orme del padre e coltiva in segreto la propria passione per il circo: vuole fare il clown… Che volete di più? Si potrebbe continuare per pagine e pagine ma, siccome voglio bene ai lettori, mi fermo qui. Lasciando che la vostra lettura prosegua con le pagine di Giangilberto Monti.
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