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Come scrivere un racconto - Un libro di narrativa

Come scrivere un racconto - Un libro di narrativa

Scrivere un racconto, anzi, meglio, una poesia, dovrebbe essere come cercare la paura. Tipo sporgersi da un precipizio, sentire la brezza del vuoto e poi lanciarsi. Succede sempre che invece il parolaio si fermi prima, preferisca tornare sui propri passi e lasciar perdere la paura. È qui che intervengo io, perché che male c’è a rubare una poesia o una storia, prenderla prima che il suo parolaio la tiri indietro? Che male c’è a farle fare il salto, scriverne la mia versione, firmarla e beccarmi tutte le lodi? Non c’è niente di sbagliato, ecco come stanno le cose. Ad esempio, prendiamo questa situazione: una donna poeta e la vedova dell’amante di lei. Se ne stanno accovacciate davanti al camino, fuori è una giornata ventosa. La poeta è lì per dare una mano a sistemare le carte del defunto. Dal fondo del baule viene fuori l’incartamento che svela tutto l’intreccio passionale. L’esito della scoperta si stempera in un gesto conciliante tra le due donne. Abbracci reciproci, consolazione vicendevole, strette affettuose che poco alla volta diventano passionali, fino a guadagnare il letto. Si raggiunge insomma un detestabile equilibrio. Ed è qui che interviene il ladro a raccontare la stessa poesia, dentro la stessa stanza, con i medesimi arredi – forse, anzi, di certo più dozzinali – a raccontare la parte del defunto, conosciuto in un bar, per descrivere il momento critico, quello del collasso, che lo ha fatto finire gambe all’aria. Zero equilibrio, solo il racconto della rovina di un uomo di cui, francamente, non ce ne importa niente. Ascoltare le sue ragioni, quelle per cui ha già deciso di interrompere la relazione clandestina e poi uscirsene con una frase infantile del tipo: ”Tanto, amico mio, dopo questa ce ne sarà un’altra”...

Chi è Gordon Lish? La risposta ce la dà lui stesso. “Ubiquo. Magro. Devoto. Veloce. Brillante. Pazzo. Editor. Insegnante. Scrittore. Ha fondato e diretto una rivista letteraria. Il suo soprannome è Captain Fiction. Ovviamente se l’è dato lui, questo soprannome”. Negli anni Ottanta, Lish - che a febbraio compirà ottantanove anni - rilascia un’intervista per “Esquire” nella quale così risponde da solo, rivista a cui ha promesso di portare la “new fiction” americana. Le aspettative erano enormi. I nomi che trova e fa pubblicare sono quelli che per davvero entreranno a far parte della letteratura americana. Uno su tutti: Raymond Carver, con il quale è già amico dai tempi in cui il futuro autore di Cattedrale lavorava presso una casa editrice scolastica. Lish si getta come un predatore sulla raccolta di Carver Di cosa parliamo quando parliamo d’amore tagliando oltre il 70% del materiale. Un lavoro di liofilizzazione di qualcosa che era già stato ridotto, un atto violento tanto che Carver ne esce sconvolto. “Sembrava che quei fogli fossero finiti in mano a un qualche bambino capriccioso”. Pieni di segni e cancellature, manipolazioni aggressive. Leggendo la versione “ripulita” dall’editing di Lish, intitolata Principianti, l’effetto è straniante. Entrare in Come si scrive un racconto è invece un po’ come fare qualche passo dentro la mente di Gordon Lish che, consapevole che noi siamo lì, ci spiega attraverso il racconto stesso come si scrive, perché si scrive, cosa si deve provare scrivendo. Lui è nella trama, tra le righe, in mezzo a una parola e un’altra come un intercalare. Difficile non apprezzare, non restarne sorpresi e, allo stesso tempo, intimoriti.