
In una notte estiva del 1914, in un quartiere malfamato di Londra dove è andata a curare una giovane prostituta di un infimo bordello, alla trentenne medico di origine italiana Caterina Hill detta Cate viene fatta la proposta più importante della sua vita. Iniziare una avventura straordinaria: far parte attiva del WHC. Il Women’s Hospital Corps. Il primo ospedale militare inglese in terra francese completamente gestito da donne. Da donne chirurgo per la precisione, che si occuperanno di “ricucire” e curare gli uomini feriti sul campo di battaglia. Una cosa enorme per il 1914! Un progetto, quello del WHC, che per la prima volta permetterà alle donne medico di fare le chirurghe e non solamente di occuparsi di patologie pediatriche e femminili come è stato fino a quel momento. Donne chirurgo che curano e operano gli uomini. La parità. Il futuro. Ma in una Inghilterra in cui alle donne è ancora proibito iscriversi e frequentare università come Oxford e Cambridge, in cui il ministro della Guerra ha detto alle ideatrici del WHC di “tornarsene a casa e restare sedute”, l’unica persona lungimirante e moderna si rivela essere l’ambasciatore francese a Londra che, insieme alla Croce Rossa, accetta di far nascere il primo ospedale da campo WHC. E a fare l’offerta a Cate sono proprio due delle chirurghe inglesi pioniere nel campo, suffragette militanti e medici straordinari. Cate, però, ha una vita privata complicatissima che difficilmente può farla allontanare dal suo Paese e attraversare il mare per andare a fare la chirurga in un ospedale da campo in Francia. Inoltre le sue origini italiane non depongono affatto a suo favore nel 1914. Insomma, pur avendo ricevuto la proposta più entusiasmante e straordinaria della sua vita, Cate non riesce a rispondere nulla alle due chirurghe che sono di fronte a lei. Ma qualcosa sta per cambiare, sia nella vita della giovane dottoressa che negli equilibri politici e militari di un intero continente…
Quando a Ilaria Tuti dicevano che era sprecata per i romanzi di genere io dissentivo sempre e con forza, perché la scrittura è un dono, un talento, un regalo e se qualcuno scrive bene lo fa anche prendendo appunti di fretta di fronte a una mappa in metropolitana. La Tuti è un vero talento. Lo era quando raccontava di indagini di polizia e di omicidi, lo è quando affronta un romanzo come questo, per il quale davvero si fa fatica a trovare una giusta definizione. Si potrebbe parlare di romanzo storico, ma sarebbe riduttivo perché la Storia stessa sembra a completo servizio della trama, e anche la definizione di romanzo al femminile lascia il tempo che trova. L’autrice non cede a “femminismi” banali e gli uomini qui non sono descritti come il “male assoluto”. La Tuti è più brava e più intelligente di così e spiega e narra e descrive più un’epoca, un momento storico in cui le ombre ottocentesche si allungano fino a lambire il modo di pensare di alcuni uomini, non tutti, e paradossalmente solo quelli che hanno più cultura e più formazione. Come vento cucito alla terra è un racconto di “passaggio” in cui ancora tutto può succedere, anche se farlo succedere è maledettamene difficile. Non ci sono veri nemici, né veri ostacoli, ma solo il “credo”. Credere nelle proprie possibilità, nel proprio coraggio, nella propria determinazione e nella propria forza. Mostrare al mondo tutto questo significa convincere anche le menti più oscurate e oscurantiste. Io non vorrei mai che leggendo il meraviglioso, toccante e originale romanzo di Ilaria si pensasse alle protagoniste semplicemente come a delle suffragette: non è così, sono persone che lottano per migliorare sé stesse e il mondo, il fatto che siano donne è un valore per loro, non un essere contro gli altri. Lo stile narrativo di Ilaria Tuti è più poesia che narrativa perché le parole volano, si assaporano, scivolano via dalle pagine e diventano sostanza. È a parer mio la nostra migliore autrice del momento e – tra l’altro – è anche quella che vende di più all’estero. Se ancora non la conoscete dovete rimediare, magari partendo proprio da quest’ultimo lavoro.