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Commissario Elfo - Piove per esigenze di trama

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Il tempo in cui Terenss’ll andava a caccia di orchi con i compagni è ormai lontano, nonostante ciò quei giorni di corse nei boschi tornano a tormentarlo nei sogni. Apre gli occhi. Nessuna foresta, solo un controsoffitto macchiato. La voce della prostituta che ha pagato gli annuncia che si è addormentato mentre scopavano. Nessuno si è mai addormentato mentre lei gli stava sopra, osserva con tono professionale. Elfo, così si fa chiamare ora, si scusa e va in bagno, davanti allo specchio osserva soddisfatto il suo sfacelo fisico: occhiaie, denti rovinati, pelle flaccida, capelli stopposi, pancia gonfia. Si è tanto impegnato per ridursi così, la sola cosa che non ha potuto eliminare sono le orecchie a punta. Manda via la prostituta, che nel frattempo ha frugato tra le sue cose e scovato il tesserino da commissario. Guarda un po’ di tv: parlano della terza rapina compiuta dall’orso bruno marsicano. Fa colazione e si prepara per andare al lavoro, infila in tasca l’agenda verde mela. A intercettarlo sul pianerottolo è la vicina, la signora Rabiadot, che vorrebbe fargli curare una pianta di potos a cui tiene molto. Elfo rifiuta. Entra nel negozio di Ranjan per acquistare cerotti alla nicotina e mentre parla con lui il temuto orso bruno marsicano si intrufola armato di fucile, pronto a farli fuori se non ottiene il denaro della cassa. Il commissario scambia con la creatura qualche parola, ma niente di impegnativo, non ci tiene a fermare la rapina e rischiare la vita, non è affar suo. L’orso se ne va soddisfatto. Ranjan lo biasima per non essere intervenuto, lui si limita a segnare un appunto nell’agendina verde mela. Ha preso appuntamento al bar Forlito con il suo maestro, Ernesto Morante, l’uomo che lo ha salvato con le sue lezioni su come non essere un personaggio. Ha bisogno di vederlo, Elfo ha la terribile sensazione di essere parte di un primo capitolo…

Piove per esigenze di trama è sia il titolo del libro che la frase d’avvio di questa particolare storia, il cui fulcro è la scelta del personaggio dell’elfo Terenss’ll di fuggire dal suo romanzo fantasy per vivere un’esistenza completamente diversa. Un’esistenza su cui lui ha il controllo, senza che un autore lo manovri come un burattino. A terrorizzarlo è la possibilità di finire in un cliché letterario, essere inserito di nuovo in una trama: “Una delle regole è non guardarsi mai intorno, non dare mai importanza al contesto. È il modo più semplice per evitare di cadere vittima di una descrizione”. Il destino/autore però gli mette di fronte una missione, un caso da risolvere, mostri, rapimenti, omicidi e gli affianca una spalla. La spalla è Tegolina, la fata di una fiaba lituana (guai a confondere fiaba e favola perché dà di matto) che vuole vivere una vita d’azione in un bestseller e sogna un arco narrativo basato sul riscatto personale. Un romanzo originale, in cui è riconoscibile lo stile di scrittura ironico e frizzante a cui Nicolò Targhetta (scrittore, blogger e videomaker) ha abituato i suoi lettori attraverso la fortunata pagina Facebook Non è successo niente. Innegabile una sottile critica (forse nemmeno tanto sottile) a certa letteratura mainstream, infarcita di banalità, aggettivi, descrittivismo eccessivo di ambienti e luoghi che nulla aggiunge alla trama, frasi fatte e cliché che rendono noiosa la lettura e che vengono replicati dai più svariati autori. Un romanzo zeppo di riferimenti letterari, citazioni che possono strapparvi una risata o lasciarvi perplessi (ammettiamolo, un minimo background occorre per riuscire a godere di ogni dettaglio della storia e cogliere le battute, a meno che non si prenda atto di un’affermazione ripetuta in diverse occasioni nel libro: “Fanculo il lettore”). L’opera richiama più generi: fantastico, poliziesco, umoristico, rinfrescando il tutto in modo esilarante e con una trama dalla struttura solida. Il commissario Elfo a questo punto si deve rassegnare, perché si tratta davvero dell’inizio di qualcosa di più grande: il primo volume di una serie a lui dedicata.