
Domenico Rosi è un uomo rude. Dopo aver abbandonato la provincia, dove ha lasciato i suoi fratelli e le sue sorelle nella povertà, ha aperto a Siena una trattoria insieme alla moglie Anna, che gestisce riversando nell’attività tutte le sue energie. Lei è molto più giovane di lui. Dopo la morte dei primi figli, Domenico ha al fine un erede, Pietro, un ragazzo che si rivela fin da piccolo debole e malaticcio, assolutamente l’opposto del padre. Ma per quest’ultimo l’essenziale è avere un successore, il resto pensa che abbia poca importanza. In seguito al parto di Pietro, Anna inizia ad avere frequenti convulsioni, che le impediscono di essere attiva nella gestione della trattoria come vorrebbe. La debolezza della moglie è il pretesto ideale a vantaggio di Domenico per tradirla; lei si rende conto di quale situazione sia costretta ad accettare, ma malgrado il grande dolore decide di sopportare un marito che, oltre a non esserle fedele, è convinto che i suoi problemi psicologici ed emotivi non siano una malattia reale. Con un ulteriore aggravarsi della situazione di Anna, Domenico decide di trasferire per lunghi periodi la moglie e il figlio in una proprietà agricola acquistata recentemente nella campagna senese: il podere di Poggio a’ Meli, un terreno di dimensioni limitate, volto verso la città di Siena a sud-ovest e verso l’Appennino a nord-est. Le persone del luogo sostengono che la bellezza del podere stia proprio nelle sue dimensioni a misura d’uomo, se fosse più grande probabilmente avrebbe un aspetto sgradevole. Domenico, come ogni proprietario che non ha bisogno di consigli, rivoluziona completamente la gestione di Poggio a’ Meli. La domenica i salariati vanno presso la sua trattoria a riscuotere il dovuto per le fatiche della settimana, ma oltre al denaro il loro signore di solito ha in serbo rimproveri e minacce, nella convinzione che solo attraverso il terrore si possa mantenere il pieno controllo sui sottoposti. Tra questi ultimi ci sono Giacco e Masa, i genitori di Rebecca, la domestica al servizio da Anna. Sono due contadini poverissimi, talmente abituati all’indigenza da rattoppare continuamente i loro vestiti. A Poggio a’ Meli Anna trascorre le sue giornate facendo studiare il figlio Pietro, che manifesta frequenti comportamenti paranoici, come l’abitudine di strappare continuamente le foglie dai rami e dai tralci dell’uova. Un giorno arriva la nipote di Giacco e Masa, Ghisola, la figlia di una sorella di Rebecca. L’incontro con la ragazza segnerà il destino di Pietro...
Convinto di essere un pessimo lettore e violento con chiunque sfidasse la sua pazienza, Federigo Tozzi è uno dei maggiori interpreti del realismo nel romanzo Novecentesco. In un articolo uscito sul quotidiano “Il foglio” del 15 marzo 2020 Marco Archetti ricorda gli aspetti caratteriali di questo maestro, forse ancora oggi non abbastanza considerato dalla critica letteraria. Era lo stesso Tozzi a scagliarsi contro gli studiosi di lettere poco preparati, a suo avviso incapaci di scrivere con loro prosa deludente, sostenendo che odiava profondamento chiunque si improvvisasse critico e finisse per pubblicare interventi ben poco significativi. L’autore senese sognava un rinnovamento per la “società” letteraria, era necessario far emergere solo le persone capaci di manifestare talento. Con gli occhi chiusi è indubbiamente il suo capolavoro. Per l’impianto del romanzo Tozzi ha preso ispirazione dal Verismo verghiano, rielaborato attraverso una riflessione sulla società che gli ha permesso di porre le basi del Realismo novecentesco. Il suo stile di scrittura di getto – scriveva con il lapis e correggeva minimamente la sua prosa - gli permetteva di ricostruire con le parole l’immagine davanti ai suoi occhi in modo estremamente fedele. In Con gli occhi chiusi lo dimostrano le scene delle persone umili e malconce che pranzano alla trattoria di Domenico, o la descrizione della difficile vita che i contadini dovevano fare a Poggio a’ Meli. Da uno sguardo iniziale attento e disincantato l’autore va oltre, riallacciandosi alla tradizione di primo Novecento del romanzo psicologico nelle parti in cui prevale la visione allucinata di alcuni personaggi, in particolare del protagonista Pietro, penalizzato dal complesso di inferiorità nei confronti del padre Domenico. Il giovane è insicuro non solo nella scelta degli studi da seguire, ma anche nel prendere le decisioni nella vita di ogni giorno. Sempre con la testa nelle nuvole, appare incapace di farsi valere sia di fronte ai genitori, sia con i suoi coetanei. La sua preoccupante confusione mentale, che fa soffrire la madre – impegnata assai di più del padre nel cercare di capire la deludente personalità del figlio - crea nella sua mente immagini distorte della realtà, che determinano il suo costante stato di afasia e sofferenza. Quindi un racconto realista con aspetti del romanzo psicologico: il tutto inserito in una storia d’amore assolutamente inusuale, che vede il lento avvicinamento di Pietro alla contadina Ghisola. Un rapporto che nasce e si sviluppa in base a un sentimento sofferto, quasi mai fonte di felicità e serenità per i protagonisti. L’ultimo aspetto da prendere in considerazione è l’autobiografismo. Dietro Pietro si nasconde l’autore dell’opera, penalizzato da un’infanzia e un’adolescenza deludenti, nella personalità complessa del protagonista Tozzi ha riversato la sua personalità; per ambedue la vita significa essenzialmente dolore a livello psicologico. Nato a Siena nel 1883, Federigo Tozzi tornò nella sua città natale solo dopo la scomparsa del padre, con cui aveva avuto sempre un pessimo rapporto. Poeta, romanziere e articolista, la sua formazione era essenzialmente da autodidatta. Insieme a Pirandello e a Svevo è considerato tra gli iniziatori del romanzo moderno. Nel 1919 uscì Con gli occhi chiusi – di cui esiste una versione cinematografica del 1994 diretta da Francesca Archibugi, con Stefania Sandrelli, Sergio Castellitto e Debora Caprioglio - a cui seguì l’anno successivo Tre croci, pubblicato postumo come gran parte della produzione letteraria dell’autore, che morì improvvisamente di polmonite nel 1920 a Roma.