Salta al contenuto principale

Confessioni dell’impostore Felix Krull

Confessioni del cavaliere d’industria Felix Krull
Felix Krull è originario della Renania, “terra benedetta dolce e senza asprezze sia per il clima che per la natura del suolo, ricca di città e di borghi d’allegra popolazione”. In una di queste cittadine sul Reno, nei pressi di Magonza, è nato lui: qualche anno dopo la “gloriosa fondazione dell’impero germanico”, figlio del proprietario della ditta Engelbert Krull, produttrice di spumante extra cuvée a dire il vero di scarsa qualità ma venduto in bottiglie dall’estetica impeccabile. Ora che ha quarant’anni e che ha vissuto tempi avventurosi e controversi, sente il bisogno di raccontare la sua vita per iscritto. È stato un bambino placido e amante del sonno: i suoi gli dicevano spesso che era nato sotto una buona stella, che era un sonntagskind, e lui – benché per educazione estraneo a ogni superstizione – ha sempre attribuito “un senso misterioso a questa circostanza”, al suo nome Felix, alla sua bellezza. La fede nella sua fortuna e la certezza di essere un prediletto del cielo è sempre stata viva nel suo intimo, e in fondo la vita non lo ha smentito. Oppure sì? La tentazione di anticipare gli avvenimenti scrivendo le sue memorie è molto forte, Krull deve resistere. Da bambino gli piaceva da morire fingere per gioco di essere un imperatore: sedeva nella carrozzina spinta dalla domestica con aria che a lui pareva grave e dignitosa, mentre la donna aveva cura di avvertire chiunque incontrassero del suo “ruolo”, suscitando negli adulti la più viva ilarità. Crescendo, Felix diventa però meno simpatico in società: scopre ben presto che a molti amichetti è vietato frequentare casa sua a causa di certi dubbi sulla moralità che vi regna. La realtà è che suo padre ha una relazione con la domestica e la moglie l’ha scoperto: ma anche sua madre non è da meno, dato che è complice – e spesso compagna – dell’atteggiamento ammiccante che la sorella maggiore di Felix, Olimpia, assume con artigiani e operai vari. Dato che i coniugi vivono un rapporto di coppia noioso e infelice, amano avere gente in casa (in tutti i sensi), dare feste ed esagerare con l’alcol. Del resto lo stesso Felix, una volta divenuto adolescente, scopre le gioie del sesso con la cameriera Genoveffa, che ha il doppio della sua età. Ma il clima gaudente di casa Krull è destinato a finire quando l’azienda di famiglia entra in una crisi irreversibile…

Confessioni dell’impostore Felix Krull – in passato edito in Italia con il titolo Confessioni del cavaliere d’industria Felix Krull, forse ritenuto oggi poco suggestivo e/o comprensibile – ha una genesi lunga e articolata. Nel 1905 un avventuriero e truffatore romeno, tale Georges Manolescu, aveva conquistato le prime pagine dei giornali e pubblicato persino una vendutissima autobiografia (che nel 1929 il regista Viktor Turžanskij poi portò sul grande schermo con un film interpretato da Ivan Mozžuchin e dalla star Brigitte Helm, ma questa è un’altra storia). Spiega Roberto Fertonani: “Le memorie di Manolescu – l’editore ne aveva mandato una copia anche a Thomas Mann – furono accolte con interesse in quella belle époque che amava le sensazioni del proibito. Mann stesso fu conquistato dalla individualità di Manolescu, nonostante la rozzezza del suo stile”. Nel 1910 quindi iniziò a lavorare ad un romanzo che raccontasse la “carriera” di un personaggio simile, ma nel 1911 e 1912 si interrompe per scrivere La morte a Venezia; poi lo riprese e si interruppe ancora per lavorare a La montagna incantata. Tra 1911 e 1937 escono alcuni frammenti del romanzo, che viene completato solo nel 1954: “(…) Se Mann non ha mai abbandonato del tutto il personaggio di Felix Krull, per oltre un quarantennio lo ha costruito poco a poco, negli intervalli tra le opere che più urgevano di essere risolte”. La vicenda si svolge in Germania, Francia e Portogallo negli anni che precedono la Prima guerra mondiale. Dopo il fallimento dell’azienda paterna, Felix viene spedito a lavorare a Parigi da un conoscente, gestore di un albergo. Nella capitale francese, che sta vivendo anni spensierati e promiscui, il ragazzo inizia la sua ascesa da garzone d’hotel a protagonista della vita mondana affinando innanzitutto l’arte della seduzione. Di donna in donna, arriva infatti a conquistare il cuore e il corpo di una signora che gli apre le porte della ricchezza e della borghesia “bene”. Mentre la sua scalata sociale prosegue inarrestabile – a tratti con toni e situazioni quasi da commedia all’italiana – Felix segue la stella polare dell’autostima e del vantaggio personale, non quella dell’integrità o della verità, e non ha anzi alcuno scrupolo o esitazione a imbrogliare qualcuno se questo può portargli guadagni materiali o piaceri della carne. Il senso di colpa? Lui non sa cosa sia. Spietato come un predatore ma non violento, il protagonista del romanzo di Mann è per larghi tratti percepito dal lettore come una simpatica canaglia, un bugiardo matricolato che si infiltra, con sagacia e ferocia, tra le maglie di una società borghese vacua e inconsapevole dell’apocalisse di piombo e fuoco che sta per abbattersi sull’Europa.