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Cosa c’entra la felicità?

Cosa c’entra la felicità?

L’arrivo degli smartphone ha cambiato molte cose. Giovani e meno giovani si sono affrettati all’acquisto, facendo lunghe file davanti ai centri commerciali per l’uscita di un nuovo modello. Stefano però non ne vuole sapere, tiene imperterrito il suo vecchio telefono. Ma, appena un anno dopo, poggia sul tavolo del bar un fiammante smartphone, proprio davanti a Marco, che gli domanda se fosse felice per quell’acquisto. Stefano perplesso risponde: “Che cosa c’entra la felicità? Mi serviva e poi ormai ce lo hanno tutti”. Tornando a casa Marco guarda il suo telefono, è lento, ha il vetro scheggiato, forse dovrebbe prenderne uno nuovo. Poi ripensa a tutte le volte che gli è sembrato di non poter essere felice perché non ha le stesse cose degli altri. Bisogni indotti dall’esterno ecco cosa sono. Desiderio di possedere cose materiali, atte a suggellare uno status economico o sociale e non certo beni frutto di relazioni coltivate e sentimenti. Perché tirare in ballo la felicità? Quale significato gli sta dando? L’ha ridotta ad un bisogno di possesso? Che cosa muta in lui, acquisendo la consapevolezza che la felicità è un cammino, una presa di coscienza che porta alla piena armonia? La felicità è una parola di cristallo, la più soggettiva del vocabolario. Cambia a seconda dei valori, delle condizioni di salute, delle idee, della fede, dell’età, del rapporto con il tempo e con la morte. Cambia quindi a seconda del punto di vista da cui la guardiamo...

Con Cosa c’entra a felicità? Marco Balzano decide di affrontare una delle parole e dei temi più complessi, da sempre presente nella letteratura e nella filosofia di tutti i tempi, a partire dall’etimologia. Una strada poco battuta, ma che offre una conoscenza ugualmente legittima. L’idea è stata quella di riprendere questa parola difficilmente definibile, diversa per ognuno di noi, non entrando dalla porta della logica e del pensiero. Ogni parola ha una storia da raccontare. Balzano prende la parola felicità e la tratta come un essere vivente, da quando è nato fino ai giorni nostri. Cerca di vedere quale strada ha attraversato, quali amici ha incontrato, da chi si è separato. In questo libro ci sono quattro storie, quattro immagini, che possono servirci ad articolare di più la nostra visione della felicità.: eudaimonía, felicitas, ashrè, happiness. La parola felicità declinata nelle quattro lingue che più appartengono alla nostra civiltà: greco, latino, ebraico, inglese. È nelle prime tre lingue che affondano le nostre radici culturali, mentre l’inglese può essere considerato la lingua universale e quindi più moderna. Sono felice per i greci se ho trovato il mio talento con cui fare il mio e il bene degli altri. Per i romani sono felice se nutro qualcuno. Sono felice nella lingua ebraica e nelle sacre scritture se cammino insieme agli altri verso Dio. Nel significato di eudaimonía, felicitas, ashrè è imprescindibile che la felicità è intesa alla presenza di qualcun altro. Non si può essere felici da soli. Happiness è una parola che ci riporta all’atto del cadere, come la mela che cade sulla testa di Newton, ma non è detto che quella mela che cade ci colga insieme a qualcun altro. “Conoscere una parola serve prima di tutto ad avere l’idea di ciò che essa nomina”. Se idea significa vedere, la conoscenza di un vocabolo potrà permettere di esplicitare al meglio i concetti, anche metaforici, che lo riguardano. La felicità è contraddittoria per eccellenza, proprio perché ciascuno ha la sua; quindi, è un sentimento e una condizione dell’animo che cambia tante volte all’interno della nostra vita. La felicità è una situazione di appagamento totale. Balzano ci ricorda con questo libro che una parola non serve solo a comunicare, ma anche a pensare. Impeccabile la citazione di Immanuel Kanti in esergo al libro: “Nessuno mi può costringere ad essere felice a modo suo”.