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Crederci, sempre

Crederci, sempre

Il ricordo del mondiale vinto è sempre vivo in tutte le emozioni che prova. Soprattutto quegli ultimi venti minuti finali, dopo il goal di Mandžukić che accorcia le distanze per la Croazia. Venti minuti eterni, in cui Giroud viene anche sostituito con forze fresche come Nabil Fekir, giovane centrocampista d’attacco. Olivier, dalla panchina, rivolge un pensiero a Gesù, da uomo religioso qual è, soffre con i suoi compagni, li incita fino al fischio finale dell’arbitro, che gli sgombra la mente da qualsiasi pensiero. Gioia, è solo gioia quella con cui urla mentre corre come un matto e poi si butta a terra. I compagni lo raggiungono, lui piange, abbraccia tutti. La stampa non mancava di criticare le scelte del mister, ma ora deve solo tacere: sì, si può diventare campioni con Giroud! E pensare che solo sei mesi prima la sua presenza non è proprio così scontata: l’Arsenal lo tiene in panchina e solo il passaggio al Chelsea gli riporta goal e continuità, ma soprattutto quel numero di presenze in campo necessarie per la convocazione in nazionale. Il resto è storia: Olivier non segna nemmeno una rete, ma le fa segnare ai compagni e la Francia vince il campionato del mondo del 2018. La sua famiglia gli è sempre accanto: moglie, figli, genitori, fratelli, sorella, suoceri, cognati, tutti sono lì, pronti a festeggiarlo, così come sono presenti in ogni momento della sua vita. E pensare che la madre gli rivela di non essere stato desiderato, essendo il quarto figlio, ma poi è diventato il cocco di tutti, un dono inatteso. Insomma, “da capello nella minestra a ciliegina nella torta”, il passo è breve...

È un libro che si divora, a prescindere dall’essere tifosi milanisti o meno. Se si ama il calcio non si può che apprezzare Olivier Giroud e non soltanto per le sue prodezze in campo e per il numero incredibile di goal della sua carriera (nei mondiali 2022 ha raggiunto record per età e goal), quanto per la caparbietà, quel “crederci sempre” che al di là della fede religiosa, pur molto forte, porta decisamente lontano. Non è noto quanti siano quelli che conoscono davvero tutte le difficoltà che il calciatore ha dovuto superare, di quante volte si è trovato sull’orlo di un abisso fatto di scelte di altri da subire, nonostante il suo dare tutto, nonostante la sua continuità di resa, nonostante la sua professionalità. In Italia si è soliti dire “squadra che vince non si cambia”, ma evidentemente non è ovunque così. È comprensibile, quindi, quanto si sia legato subito ai tifosi rossoneri, quelli che hanno creato una canzoncina per lui, quelli che non manca mai di ringraziare, quelli con i quali condivide le sue passioni, il Milan su tutto. Già, perché Giroud è simpatizzante milanista sin da ragazzino (adora l’Italia, Paese di entrambe le sue nonne), grande appassionato di tutti i campioni che hanno vestito questa maglia, soprattutto di Andriy Shevchenko, la leggenda che ha tentato di imitare anche nella corsa. Un uomo buono di carattere, Giroud, generoso, un calciatore dai piedi buoni, ma soprattutto una mente forte, che non vacilla, che non si abbandona allo scoramento, che fissa gli obiettivi futuri e che li raggiunge, sempre trovando un modo per non lasciarsi andare, ma abbassando la testa e ricominciando a lavorare sodo, anche più di prima, per raggiungere vette e traguardi. Certo non mancano le sorprese, leggendo la sua autobiografia, soprattutto quello che non ci si sarebbe aspettati, ma non certo da parte di Giroud, ma di chi della carriera di Olivier se n’è proprio fregato, delle sue presenze in Nazionale (francese) si è fatto beffa, sui suoi goal è passato sopra. E pensare che alla fine lui ha trovato il modo di ringraziare tutti, nonostante tutto.