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Croce del Sud – Tre vite vere e improbabili

Croce del Sud – Tre vite vere e improbabili

Janez Benigar, originario della Slovenia, nel 1946 si chiede se la Patria di un uomo, quella dove si sente a casa, è il posto in cui vivono i suoi figli o quella che abbraccia il ricordo dei propri genitori. Se lo domanda, perché la terra che culla la sua prole e quella in cui sono seppelliti i suoi genitori distano migliaia di chilometri e a separarle c’è l’Oceano. Giunge a Buenos Aires nell’ottobre 1908 e la registrazione a cui deve necessariamente sottoporsi lo definisce “operaio di religione cattolica e scapolo”. Dopo due anni esatti dal suo arrivo, sposa Eufemia Barraza, una nobile india, discendente da una famiglia di auricani, che gli dà dodici figli a cui la coppia attribuisce doppi nomi, auricani e spagnoli. Sua moglie muore e una manciata di anni dopo Janez sposa Rosario Peña, anche lei auricana. L’uomo, quando rimane vedovo per la seconda volta, redige un testamento, chiedendo di essere sepolto accanto a Rosario e a Eufemia. La decisione richiede che i resti di Eufemia siano traslati in una tomba comune, abbastanza capiente da accogliere le spoglie di tutti loro. Una scelta fatta nel tentativo di conciliare l’amore per la prima moglie con quello per la seconda. Lo sloveno è per carattere un uomo piuttosto riservato, particolarmente affezionato alle sue abitudini e decisamente pignolo. È con queste peculiarità che è partito alla volta dell’Argentina, ovvero per la Patagonia e l’Auracani, da dove non torna mai più. In città si reca molto poco l’uomo, che vive nei wigwam, le tende del popolo indio, al quale si sente di appartenere, e conduce una modesta attività di artigianato tessile. Del resto a lui la definizione di operaio che compare sul visto non dispiace per niente. In molti dei suoi scritti, spediti alla Biblioteca di Lubiana, inneggia ai lavori manuali, compresi quelli della coltivazione della terra. Non ha interesse a far sapere alle autorità del Paese che non è affatto un operaio, bensì un ingegnere, un professore, uno studioso di linguistica e tanto altro...

Un operaio austro-slavo, un falso re francese e una stramba suora sono i protagonisti indiscussi di questo Croce del Sud di Claudio Magris. Tre vite vere e improbabili che l’autore disegna in maniera magistrale, consegnando al lettore un libro di scorrevole lettura e di ampio spessore. Storie ambientate nelle terre tra Patagonia e Araucania, con i tempi che si snodano tra l’Ottocento e il Novecento. Un’epoca barbara, che vede la distruzione delle popolazioni indigene della Terra del Fuoco, ma anche della Patagonia. Tre storie quelle narrate da Magris, tre esistenze di persone che hanno, in qualche modo, lottato contro questo scempio, al fine di mantenere viva la memoria di chi non ha più avuto la giusta libertà e di chi è stato privato della vita stessa. La prima figura sapientemente descritta dallo scrittore triestino è quella di Janez Benigar, un professore attivo e dinamico, dalla mente positivista. La seconda è quella di Orélie-Antoine de Tourens, un rappresentante dello strano Secondo Impero Francese, che si autoproclama re di Araucania per poi imbarcarsi insieme a due diplomatici esistenti solo nella sua immaginazione. Orélie-Antoine scrive anche la costituzione con tutti i crismi e a causa delle sue stranezze viene rinchiuso in manicomio dalla polizia cilena. Il terzo personaggio è Angela Vallese, una suora salesiana. Quando nel 1880 la donna arriva nella Terra del Fuoco con il suo abito bianco e nero, gli abitanti le chiedono se è un pinguino. Tre persone completamente differenti tra loro, accomunate dall’unico desiderio di migliorare le condizioni dei maupaches, che animano un volume di potente intensità e grande calore umano.