
Cittadina di New Prospect, Chicago, 1971. Il Natale si sta avvicinando e l’Avvento dovrebbe essere il tempo dell’attesa e della speranza, delle buone intenzioni che si realizzano, della sincerità. Ma per la famiglia Hildebrandt non sembra essere esattamente questo lo spirito che pervade le stanze della casa, nonostante le parole che vengono pronunciate siano quelle corrette. Non sente il Natale il reverendo Russ Hildebrandt, che guida una chiesa e una piccola comunità e che, sopra ogni altra cosa, sognerebbe di trascorrere qualche ora in compagnia della giovane vedova Frances Cottrell. Non sente il Natale sua moglie Marion, che sospetta la tresca del marito e ha la sensazione che la stabilità della sua famiglia si stia sgretolando giorno dopo giorno, rivelando i suoi segreti. Non sentono il Natale i tre figli, ciascuno impegnato a combattere una personale battaglia contro il padre. Clem, che vorrebbe arruolarsi e partire per il Vietnam, contro il pacifismo buonista del reverendo Russ; Becky, invece, decide di entrare nel gruppo giovanile chiamato Crossroads, guidato da Rick Ambrose, e dal quale suo padre è stato allontanato proprio dallo stesso Ambrose. Un modo per punire il padre, mettersi in contatto con Dio e attirare l’attenzione di Tanner Evans, cantante folk e personaggio fuori dagli schemi a New Prospect. Infine c’è Perry, ultimogenito geniale della famiglia Hildebrandt, grande consumatore di marijuana, tipico esempio di chi, carico di buoni propositi per l’arrivo del Natale e per l’anno nuovo, non riesce a realizzarne nemmeno uno, finendo per scivolare ancora più in basso. Passata l’onda del Natale, è a Pasqua e alla penitenza che sguardi e pensieri si rivolgeranno…
Com’è piena di ipocrisie e rancori sopiti, di non detti e segreti, questa famiglia dentro la quale ciascun membro è impegnato a scollegarsi dal nucleo per farsi una vita nuova e diversa. È soprattutto la dimostrazione che laddove tutto dovrebbe funzionare invece non funziona niente. Tutto è teatro, recitazione, rappresentazione. Evidentemente l’architettura famigliare è stata costruita in maniera posticcia, simile a quelle case americane che vengono su in poche ore e in altrettanto tempo poi cadono giù. Come in Le correzioni, terzo romanzo e capolavoro dello scrittore americano, anche in Crossroads torna la famiglia come nucleo centrale di un conflitto e torna il Natale, come se questi fossero i due cardini fondamentali di ogni vita che vale la pena essere raccontata, come se Natale e famiglia fossero il vero tempo e il vero luogo dentro a cui tutto può accadere. E di nuovo troviamo una moglie, un marito e tre figli, cinque personaggi che con i loro caratteri riempiono lo spettro dei sentimenti possibili. Amore, odio, invidia, ribellione, rifiuto, compassione. La moralità posticcia che il reverendo costruisce attorno a sé, ma in cui crede fermamente, esplode come una bomba innescata in un’America che nei primi anni Settanta era in pieno tumulto. Franzen si conferma uno scrittore autentico, che racconta storie autentiche senza bisogno di personaggi spettacolari o sopra le righe e che mette a nudo l’uomo per come è nella sua natura, fragilità e bassezza. Ci conferma anche che un romanzo è un’opera di lunga gestazione, il precedente romanzo Purity è del 2015. Considera anni di riflessioni, ragionamenti e poi creazione di personaggi che, sebbene frutto di un guizzo quasi magico, hanno bisogno di un tempo per crescere e diventare quasi, se non del tutto, reali.