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Culo nero

Culo nero

Svegliarsi bianco, quando sei un trentatreenne di Lagos dalla pelle nera come il carbone, può essere drammatico, specie se quella mattina hai un colloquio di lavoro di cui hai bisogno come il pane. La scoperta di avere un corpo bianco è per Furo Wariboko qualcosa di sconvolgente. La sua vita non potrà essere più come prima. Deve nascondersi dalla famiglia perché non scopra la sua nuova dimensione epidermica, sopportare per strada le occhiate di stupore e i risolini delle persone nel sentirlo - lui un oyibo, un uomo bianco – parlare in perfetto kalabari o in un disinvolto pidgin, convivere con brucianti eritemi provocati dal sole africano. E poi non sa cosa fare, a casa non può più ritornare, non ha né soldi né cellulare, né un posto per dormire. Ma quella che sembrerebbe una discesa agli inferi si rivela una grande fortuna. L’avere la pelle bianca permette a Furo di diventare direttore di marketing e di essere accalappiato da Syreeta, una donna affascinante e bellissima. Il giovane capisce che deve buttarsi alle spalle il passato, così non sarà più Furo Wariboko ma Frank Whyte. L’unica cosa che non può cambiare è il nerissimo sedere, segno indelebile della sua reale identità…

Se in Ragazzo nero era un ragazzo di colore a dover vivere tra uomini bianchi ostili e sprezzanti, la situazione è ribaltata in Culo nero dove è un nigeriano bianco a trovarsi in mezzo a soli neri. La diversità però nel testo di A. Igoni Barrett, rispetto a quello di Richard Wright, è un privilegio non da poco. Con ironia pungente lo scrittore nigeriano sottolinea come ancora al giorno d’oggi la carnagione bianca rappresenti uno status sociale che difficilmente può raggiungere chi è di colore, anche se appartenente a classi sociali agiate. Non per niente Furo vuole sbiancare con creme di vario tipo il suo posteriore, perché ha capito che quel colore è la porta d’ingresso alla ricchezza e al successo. L’identità della persona – tema portante di Culo nero – non è determinata tanto dal fattore genetico, come dovrebbe essere, quanto dagli occhi della gente. Ancor di più se si vive a Lagos, metropoli tentacolare dove la carità non esiste e la vita è dura lotta quotidiana. Igoni Barrett, una delle più promettenti voci della nuova letteratura afro, in questo folgorante romanzo riesce, con toni picareschi e kafkiani, a descrivere quanto sia spietata e crudele la presunta modernità.

LEGGI L’INTERVISTA A A. IGONI BARRETT