Salta al contenuto principale

Dal Milite ignoto alla Marcia su Roma

Dal Milite ignoto alla Marcia su Roma

L’italietta di Giolitti - come veniva chiamato il nostro Paese nei primi decenni del secolo scorso - aveva di fatto un governo instabile, che cambiava ogni anno, che stentava a fare le riforme che sarebbero servite alla popolazione e che restava ancorato a strascichi di immodernità ottocenteschi che persistevano nonostante il cambiamento sociale, economico e produttivo apportato dal Primo conflitto mondiale. Perché anche se l’Italia era tra i paesi vincitori della guerra, le tensioni sociali interne sopraggiunte post conflitto, una sorta di ribellismo operaio dilagante e che vedeva la sua massima espressione nei sindacati e nelle cooperative a danno di latifondisti e imprenditori, l’oblio sopraggiunto quasi subito nei confronti degli eroi della guerra, stavano contribuendo a un malcontento diffuso tra i rappresentati del ceto medio e alto; un malcontento su cui l’ideologia fascista comprese immediatamente di poter costruire la sua fortuna e il suo successo. Un successo sancito attraverso un atto che segnerà l’ascesa al potere assoluto di Benito Mussolini e che contraddistinguerà buona parte della storia italiana del Novecento. La Marcia su Roma fu un evento organizzato nel minimo dettaglio, tenuto nascosto da Mussolini e dai suoi fedelissimi fino all’ultimo, una manifestazione che si tenne a dispetto di tutto e di tutti e che lo stesso Sovrano italiano non ebbe il coraggio né la forza di voler fermare, ma anzi autorizzò nello stupore collettivo del legittimo Governo in carica. Il futuro Duce prima del giorno fatidico dell’ottobre 1922 aveva preparato il terreno con una propaganda populista e nazionalista che era passata anche e soprattutto attraverso il viaggio, avvenuto un anno prima, del Milite ignoto dalla basilica di Aquilea fino all’Altare della Patria a Roma e che aveva toccato più regioni, venendo accolto ovunque come il fratello, il figlio, l’amico, il padre, il marito che ognuno aveva perduto nel conflitto mondiale e che non era mai più tornato. Il Milite ignoto era fornaio, contadino, operaio, nobile, insegnante, studente, tranviere, calciatore, cuoco, era tutti loro e anche qualcosa in più e al passaggio del suo feretro le donne si erano vestite a lutto e avevano pianto, gli uomini si erano tolti il cappello e si erano commossi e le autorità gli avevano tributato il saluto d’onore. Lui, il prode morto per la Patria e rimasto senza un volto né un nome, fu l’inconsapevole eroe usato dal fascismo per toccare definitivamente i cuori e gli animi degli italiani per far sì che accettassero una nuova Patria, un nuovo Governo, un nuovo presidente del Consiglio e di fatto l’inizio di una dittatura che avrebbe posto fine alla legalità e allo Stato liberale…

Dal Milite ignoto alla Marcia su Roma come riporta giustamente il sottotitolo, è un vero e proprio percorso per immagini perché accanto al testo che narra in maniera precisa, affascinante e niente affatto didascalica la nostra Storia contemporanea, ci sono decine di meravigliose immagini dell’epoca. E quindi il lavoro accurato e professionale di Enrico Folisi non può avere una e una sola definizione. Questo volume, infatti, è più di un saggio, più di un manuale di storia, più di un libro di scuola. È la bellezza di farsi raccontare da uno bravo fatti e personaggi che hanno segnato in maniera importante la vita dei nostri nonni e dei nostri bisnonni, è riscoprire una Italia profondamente diversa e lontana da quella che conosciamo oggi, è guardare gli abiti, le macchine, le bici di quel tempo, sorriderne un pochino e rimanerne altresì affascinati. Folisi ha una penna asciutta e comprensibile, uno stile accattivante e mai retorico, una capacità da grande narratore che non si può fare a meno di seguire. In questo volume ci sono fotografie d’epoca che a distanza di cento anni commuovono ancora fino alle lacrime come quella dei soldati che portano a spalla il feretro del Milite ignoto, quella della madre triestina che scelse la salma, velata e con i fiori bianchi tra le mani, quella degli orfani di guerra che omaggiano la bara dove simbolicamente può esserci il babbo di tutti loro, quella delle fascinose pagine dei quotidiani dell’epoca con i loro font severi ed eleganti. Folisi è un documentarista sopraffino perché un volume come questo ha bisogno di tanta ricerca ma anche di tanta passione nel farla, di un background che non si improvvisa e anche di un certo amore per il nostro Paese; un amore che l’autore non dichiara mai apertamente come è giusto che faccia un saggista, ma che è più che palpabile in ogni pagina di questo straordinario lavoro editoriale.