
La tensione aggressiva con cui i notiziari e i programmi televisivi riversano in continuazione le immagini di avvenimenti provenienti da ogni angolo del mondo ha reso la sofferenza altrui una forma di spettacolo a cui poter assistere comodamente seduti dalla propria poltrona di casa. La sua forza tumultuosa ha sostituito di fatto l’arte tragica con l’oscenità di massa; ha reso impossibile una rappresentazione pietosa, partecipe e catartica della sofferenza umana, mutando gli spettatori in un’anestetizzata platea di testimoni passivi. Gli antichi tragediografi greci non mettevano mai in scena il momento cruento della violenza omicida, perché erano consapevoli che il dispositivo catartico altrimenti sarebbe sprofondato verso l’orrore. La precauzione si è conservata nella tradizione della poetica occidentale da Aristotele in poi, facendo in modo che l’arte da sempre contribuisse a preservare una distinzione essenziale tra realtà e finzione. Ma l’avvento della società della comunicazione e della cultura di massa ha ormai contaminato anche l’arte, rendendola congenere alla degenerazione che rappresenta…
A questo diffuso atteggiamento, che viene identificato come responsabile principale di quel fasullo senso umanitario dietro cui trova riparo una società ludica e dimentica dell’angoscia del morire, Antonio Scurati oppone il richiamo fermo e autorevole a una verità che sia soggettiva e complessa. L’autore di questa breve ma densa raccolta di saggi chiama in causa tutto un modo di assistere a film e trasmissioni televisive e di osservare da testimoni passivi la realtà, di leggere i libri e di leggere nel libro del mondo. Una deriva umana che ha preso piede negli ultimi decenni e che ha trasformato la nostra vita interiore nell’eco di altre vite di cui abbiamo avuto notizia, mentre i nostri giudizi sono quelli che abbiamo ascoltato. Lo scopo di questo straordinario libretto diviene allora quello di ripercorrere a ritroso le opere degli scrittori, per ricordarci che occorre tenere ben distinta la realtà della vita da quella dei romanzi. Questi possono ancora risvegliare in noi la forza visionaria dello spirito, l’immaginazione creativa, la pura tensione speculativa, la tenerezza per le parole. Mentre il mondo della comunicazione ci rende prigionieri e schivi delle notizie: senza passato alle spalle e futuro dinanzi a noi. Amputati di ogni altra dimensione che non sia l’atomo di presente in cui viviamo, come un tronco umano senza braccia né gambe. Mutilati e spesso felici di esserlo.