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Dalla parte dell’assassino

Achille Schietroma si sta sciogliendo per il caldo ed è convinto che, se non pioverà un po’, si finirà tutti in ospedale. È inquieto il commissario Schietroma, mentre si avvicina alla scrivania, sopra alla quale sono schierati la sua sigaretta elettronica - gliel’ha regalata la moglie per il suo cinquantanovesimo compleanno - lo Zippo e le Marlboro, indispensabili. Apre un cassetto ed estrae un mazzo di tarocchi, la sua droga. Prende una carta a caso, l’Appeso, ed ha la conferma che quella appena cominciata sarà una giornata da dimenticare. Osserva davanti a sé l’alta pila delle pratiche in corso, accanto a quella delle persone ricercate per violenze, stupri o altri reati, oppure scomparse. Prende una delle schede e la legge con attenzione e non senza una notevole perplessità: si tratta di un prete - atteso invano in un convento di suorine per i vespri del sabato sera e per la messa domenicale - di cui è stata denunciata la scomparsa alle autorità. Niente lo avvilisce maggiormente dell’esame di tutte quelle scartoffie e quegli incartamenti; se a ciò si aggiunge una maledetta tosse che proprio non vuole saperne di andarsene e che lo costringe a prendere in considerazione sempre più spesso la decisione insindacabile che è veramente arrivato il momento di smettere di fumare, il quadro della malinconia che lo attanaglia è completo. Allora si alza e si dirige con decisione nell’ufficio dell’ispettore Luigi Gianturco, un bel ragazzone sui trentacinque anni, capelli neri e ricci, napoletano, sveglio e abbastanza paziente da essersi abituato in fretta al continuo straparlare del commissario. A dir la verità, Gianturco ha provato parecchie volte a chiamarlo, ma evidentemente Schietroma non se ne è accorto. In ogni caso, in via Isarnico, dietro al mercato di Cecafumo, c’è un uomo disteso in mezzo alla strada, morto, secondo quanto ha riferito il medico, per cause poco chiare. È il caso di andare a dare un’occhiata…

È un personaggio davvero singolare Achille Schietroma, burbero e caparbio commissario del X Tuscolano, con una profonda passione per i tarocchi ed una malsana dipendenza dalla sigaretta. Ci sta provando a smettere e ad utilizzare la sigaretta elettronica (così come sa perfettamente che dovrebbe mettersi a dieta e perdere un bel po’ di peso), ma la situazione al momento è talmente tesa che mantenere i buoni propositi è davvero difficile. Sì, perché c’è qualcuno a Roma - una specie di angelo vendicatore di ogni forma di corruzione - che sta seminando morti, agendo nell’ombra e con una tecnica assolutamente raffinata e originale. E si tratta di cadaveri eccellenti - gente potente, invischiata a piene mani nella vita economica e politica del Paese - la cui morte non passa certo inosservata. Anzi, fa davvero parecchio baccano. Ad agitare ulteriormente Schietroma, poi, ci sono i suoi sottoposti: bravi ragazzi, non c’è che dire, ma assolutamente incapaci di seguire e comprendere l’ironia e il sarcasmo che si celano dietro ogni suo commento. A casa le cose non vanno meglio: i figli hanno da tempo deciso di trasferirsi all’estero (come se in Italia, o meglio a Roma, non ci fossero opportunità di lavoro. Roba da non credere!) e Virginia, sua moglie, ultimamente sembra distratta, spesso sfuggente e lontana anni luce dal marito. Per chiudere, la stampa e i social - per i quali il serial killer sta diventando una specie di eroe degno di ammirazione - stanno mettendo il carico da undici su una polveriera, pronta a esplodere. Un caso bello tosto e intricato, quindi, per un servitore dello Stato ruvido ma onesto, che al di là delle bassezze con cui è costretto a confrontarsi, cerca sempre e comunque di arrivare alla verità e di far emergere tutto il marciume legato alla corruzione e all’avidità. Una lettura intrigante e ironica, in cui il lettore non fatica a trovare il ritratto, piuttosto vergognoso ma alquanto reale di un’Italia - e una Basilicata - imbrigliata negli intrighi di palazzo, nel malaffare e nel malcostume. Un’Italia che, purtroppo, non cambia.