Salta al contenuto principale

Data di nascita

datadinascita

Quando finisce con un cliente, lo molla in mezzo alla sala così, come una madre che partorisce nel centro della strada, taglia il cordone ombelicale e abbandona il neonato; solo perché ha dimenticato di abortirlo, quel figlio indesiderato. Poi torna a sedersi, in attesa di una nuova preda. Davanti a lei c’è Asia, al tavolo con cinque uomini. Elena, invece, si è chiusa in un privé con un uomo e non ne è più uscita. Anche Alice, dopo aver ballato un po’ dietro uno dei séparé, è sparita. Angela, invece, sbuca dalla sala buia e le si siede accanto: è appena stata con un vecchio cliente, che nel privé ogni volta le lecca il seno per mezz’ora. Dopo, Angela passa altri dieci minuti a pulirsi con le salviette… Il ragazzino guarda attraverso la rete, quei buchi esagonali che gli consentono di osservare, a ogni salto, le ragazze scomparire dalla coscia in su. Per un attimo vede i loro piedi che scalciano l’aria nei calzini e le ginocchia nude. Poi le ragazze atterrano sui tappeti elastici, prima di prendere un nuovo slancio e ricominciare. Anche alcuni maschi saltano e sembrano alti come giganti; una specie di adolescenti-razzo che si allontanano dalla terra e tentano di sfidare il cielo. Il ragazzino, le caviglie morse dall’erbaccia, non muove lo sguardo e non riesce a distinguere le voci delle ragazze mentre saltano. La musica è troppo forte e soffoca ogni altro suono… Ha dodici anni, l’estate non è una delle più calde e, seduto sul sedile posteriore della BMW di suo padre, conta i sacchi dell’immondizia riversi ai lati della strada. È domenica. La mamma, come al solito, ha costretto lui e suo fratello Vincenzo a indossare la camicia - dopo la doccia con il bagnoschiuma alla rosa - e, tutti insieme, sono andati alla chiesa di San Zeffirino, per assistere alla messa. A lui non dispiace andare a messa, mentre a Vincenzo non piace per niente…

Dieci racconti, realizzati da scrittori nati tra la metà degli anni Ottanta e la metà degli anni Novanta. La prima uscita della collana I Pavoni, diretta da Teresa Ciabatti per Solferino, è un esperimento riuscitissimo. L’impressione è quella di trovarsi di fronte a una torta, tipo una millefoglie, a dieci strati: ciascuno di essi ha un sapore unico e diverso dagli altri, ma tutti hanno un ingrediente comune. Si tratta della conoscenza, della consapevolezza, di quella sensazione di nascita, o meglio, di rinascita. È un’impresa lunga una vita e si concretizza a ogni svolta. Voci diverse, alcune mediate dall’apporto proveniente da altri linguaggi, accomunate da un vissuto comune, spesso legato alla famiglia. Quella che traspare dalle pagine dei racconti è una generazione che si è fatta strada senza la presenza degli adulti: genitori latitanti perché impegnati sul lavoro e, spesso, nonni non disponibili o non più in vita. Ecco allora che il mondo, mai così agilmente sondabile grazie a un cellulare o a un motore di ricerca sul pc, va scoperto in solitudine, senza l’appiglio fermo di chi quella strada l’ha già percorsa; un tragitto percorso in libertà e lungo il quale il primo dolore, la prima ingiustizia, la prima scoperta significativa segnano il momento della nascita, o della rinascita. Con commistioni provenienti da campi affini a quello letterario, alcuni degli undici scrittori (uno dei racconti è scritto da due fratelli) che si sono cimentati nella realizzazione di storie bellissime sono conosciuti in ambito non propriamente afferente alla letteratura, ma molto vicino ad esso: c’è chi arriva dalla regia e dalla sceneggiatura, chi dal mondo delle graphic novel, chi si occupa di scrittura per il teatro e chi esercita la professione di attore. Penne affilate e incisive come lame sulla pelle; scritti che segnano, insegnano e interrogano; voci che raccontano epifanie nelle quali il lettore può ritrovare se stesso o parte della propria esperienza di vita. Lettura potente e consigliata, che si serve del racconto come di uno strumento efficace e facilmente fruibile, in una realtà come quella attuale, in cui il tempo dedicato alla lettura è sempre più limitato e spesso non dura oltre lo spazio di un racconto, appunto.