
Kinshasa, 22 febbraio 2021. È una mattinata come tante, Zakia sta per uscire di casa per accompagnare le bambine a scuola. Squilla il cellulare: è Luca, suo marito: “Come stai amore? E le bimbe? Adesso ci stiamo preparando per questa visita. Ti mando un selfie, Ciao amore”. L’ ambasciatore italiano Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci sono in viaggio in auto per fare un sopralluogo nell’area dove sorgerà un progetto finanziato dall’Onu e dalla cooperazione italiana. Luca desidera conoscere come verranno utilizzati i fondi che l’Italia ha destinato al Congo, per questo ha accettato l’invito del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (Pam), di cui il responsabile in loco e promotore è il connazionale Rocco Leone. Il progetto sorgerà a Rutshuru e per raggiungere la cittadina è necessario inoltrarsi nel Parco del Virunga, provincia del Nord Kivu, al confine con il Ruanda. È una regione storicamente instabile, già teatro della cosiddetta “guerra mondiale africana”. Dopo circa venti minuti dall’ultima chiamata ricevuta da Luca, il telefono di Zakia squilla ancora, questa volta però non è suo marito, ma l’ambasciatore dell’Unione Europea in Congo, Jean Marc Chậtaigner. “Zakia…c’è stato un agguato durante il tragitto, Luca è stato ferito, lo stanno portando all’ ospedale, poi ti aggiorno”. La prima cosa che Zakia prova a fare è chiamare suo marito, ma non riceve risposta. Allora prova con Vittorio ed anche il suo telefono squilla a vuoto. La donna confusa e terrorizzata si dirige verso l’ambasciata, nelle stanze diplomatiche è un brulicare di gente nervosa che corre e sbraita in più lingue…
La morte dell’ambasciatore Luca Attanasio e di Vittorio Iacovacci, carabiniere della sua scorta, è un labirinto fatto di dubbi, ma anche di certezze. Queste ultime riguardano Attanasio. Dalle sue fotografie che si trovano ancora in Rete si intuisce l’entusiasmo, la passione e lo stile poco ligio ai formalismi e cerimoniali dell’ex ambasciatore d’Italia in Congo. Assomiglia più a un volontario mentre viene ritratto in mezzo o accanto ai bambini africani, piuttosto che a un diplomatico di un Paese occidentale. Nonostante il suo stile anticonvenzionale sappiamo che era inappuntabile nel ruolo di rappresentante della Repubblica, anche nella forma, nei compiti più istituzionali e naturalmente negli espletamenti burocratici. I dubbi e le perplessità, ben analizzate nell’inchiesta giornalistica, appartengono invece ai momenti finali della vita del diplomatico e riguardano le inadeguate misure di sicurezza prese — un corteo di sole due auto non blindate e un solo uomo di scorta, la dinamica della sparatoria tra aggressori e Rangers e l’inspiegabile rifiuto di testimonianza da parte del connazionale Rocco Leone, presente durante la spedizione e rimasto miracolosamente illeso — per attraversare una strada molto pericolosa. I punti oscuri di questa vicenda sono diversi e attualmente ancora irrisolti e dice bene l’esperto giornalista Toni Capuozzo nella prefazione: “Sarebbe a dir poco vergognoso arrendersi alla casualità e non cercare risposta alla domanda chiave di questa oscura vicenda: chi aveva infastidito Luca Attanasio? Che cosa poteva aver scoperto? Quali nemici si era fatto con la sua ansia di trasparenza, con la sua innocenza poco accomodante?”.