
Delal e Aniya sono due amiche per la pelle con un destino e un background famigliare piuttosto diverso. La prima è costretta dai genitori a sposarsi con un anziano vedovo che la maltratta e la vuole sottomessa. Aniya ha invece la fortuna di crescere in una famiglia che dà importanza allo studio e ai valori civici. Intorno c’è la guerra, l’ISIS, gli uomini neri del Califfato attaccano la città curda di Kobane, a pochi chilometri di distanza dal villaggio di Delal e Aniya, nel Kurdistan siriano. Proprio il giorno in cui Delal decide di scappare dal marito per andare a chiedere aiuto alla sua amica, dal fronte di guerra giunge una notizia terribile. La sorella di Aniya è caduta in combattimento. Già perché al fronte, in questa guerra, non ci sono solo gli uomini, ma anche le donne, ragazze spesso poco più grandi di loro due. Durante il corteo funebre le due amiche giungono alla consapevolezza che il loro destino le sta portando via dal villaggio; la strada che condurrà al riscatto di Delal, alla sua liberazione dai maltrattamenti del marito, conduce verso il fronte, laddove attraverso la guerra, le donne ritrovano lo spazio per affermare la loro importanza, la loro indipendenza, il loro valore. Aniya e Delal però sono troppo giovani per combattere; le regole vogliono che solo le maggiorenni possano imbracciare le armi. Si accontentano dunque di essere di supporto, di dare una mano nelle attività quotidiane del quartier generale delle combattenti YPJ (l’Unità di Protezione Femminile). E intanto lì, iniziare a respirare un’aria carica di autonomia, di crescita culturale, di presa di coscienza. È al quartier generale che Delal incrocia lo sguardo di un giovane ed eroico combattente…
In questo racconto lungo per ragazzi, Vichi De Marchi sceglie di raccontare una vicenda di emancipazione femminile, collocandola nel contesto curdo, il quale negli ultimi anni è salito agli onori delle cronache proprio con le immagini di copertina delle giovani combattenti che hanno contribuito a sconfiggere il Califfato nero dell’ISIS sul campo. In vero, il percorso pratico e teorico di liberazione della donna non nasce e non si limita a Kobane, ma è il frutto della quarantennale lotta del popolo curdo a fronte della Turchia. Ma è innegabile che l’esperienza del Rojava abbia suscitato un grande interesse negli ultimi anni, per cui De Marchi cerca di raccontarla al pubblico più giovane, perseguendo il doppio obiettivo di raccontare una storia al femminile e di rendere più familiare al giovane lettore un contesto lontano, ma importante. La vicenda non è direttamente ambientata sul fronte, ma vi ruota attorno. Le giovani protagoniste non sono esse stesse delle combattenti, ma beneficiano dell’atmosfera culturale che le guerrigliere con la loro presenza contribuiscono a creare. A dire il vero però, il finale tradisce il libro e in qualche modo ne svuota il valore. La vicenda di oppressione coniugale di Delal è riscattata non tanto da un processo di maturazione politica individuale, quanto dall’innamoramento con un giovane guerrigliero, coraggioso, protettivo, gentile. Un principe azzurro in abiti militari curdi… A ben vedere la favola non sembra reggere al vaglio delle teorie di liberazione della donna sviluppate dai curdi negli ultimi decenni (jineoloji), ma ricade in strutture narrative romantiche nostre, occidentali.