
La notte precedente non ha chiuso occhio. È riuscita a leggere per intero un romanzo di Cortázar. Il fatto di doversi alzare dal divano come se si fosse appena svegliata, quando invece non ha chiuso occhio, le regala uno sgradevole senso di ingiustizia, che la accompagna mentre si lava il viso e i denti, procede con l’ennesima poppata, si veste e fa lo stesso con la piccola. Si prepara per uscire, spinge la carrozzina prima in ascensore e poi in strada. Quando il tempo è bello, le piace arrivare fino al fiume. Ed è lì che si trova in questo momento. L’acqua del Tevere è dorata e corre come se avesse premura di ricongiungersi al mare. La donna conosce la strada che fa ogni volta che si ritrova sulla banchina del fiume: scende dal ponte e risale il corso del fiume, dieci minuti in avanti e altrettanti per tornare indietro. Abbassa lo sguardo per controllare l’orologio e, quando solleva gli occhi dal quadrante, nota una sagoma informe che galleggia poco oltre la banchina. È un corpo impigliato tra i rami. La donna si avvicina titubante, poi grida, sempre più forte. Quindi chiama la polizia e aspetta che arrivi. Trova conforto nell’arrivo del magistrato, l’unico che ha il potere di lasciarla tornare a casa. È un uomo che indossa abiti alla moda, anche se un po’ stretti. Ha tra le labbra una sigaretta elettronica e si chiama Gregorio. Il magistrato si è separato da poco dalla moglie Marianna, è stato costretto a tornare a vivere con il padre e, incredibile ma vero, conosce il morto. È Valerio Borromeo, il suo professore di storia e filosofia negli anni del liceo. Pare si sia suicidato. Di Borromeo Gregorio ricorda soprattutto le mani, grandi e con le unghie corte e dritte, piuttosto curate. Ricorda anche le sue lezioni, quelle nelle quali parlava di jeans e di moda, di piacere di felicità autentici…
All’interno di una libreria il romanzo di Federico Leoni - giornalista di Sky TG24 - trova sicuramente posto tra gli scaffali dedicati ai gialli, perché contiene tutti gli elementi che lo includono nella categoria: c’è un morto, ci sono misteri sui quali fare chiarezza, circostanze contingenti su cui far luce e c’è un magistrato che indaga. Tuttavia, definire il racconto di Leoni semplicemente un noir sarebbe fortemente riduttivo, perché nella vicenda di Gregorio c’è molto di più: ci sono i suoi capelli diventati bianchi, in seguito ad un evento traumatico, quando aveva diciotto anni; ci sono ricordi chiusi a chiave in un cassetto che spingono per riemergere e chiedono di essere raccontati e nuovamente vissuti; c’è una città che non assiste immobile al muoversi sulla scena dei personaggi, ma diventa protagonista essa stessa, portando sul palco i suoi colori e i suoi sapori, la sua parlata quotidiana e le sue verità. E poi c’è la memoria. E c’è il tempo, che trascina ogni cosa e rimane un mistero difficilmente sondabile, un vortice nel quale restano imprigionati amori, tradimenti, gelosie e una giovinezza che racconta ferite che si vorrebbero cancellare, ma tornano, prepotenti e invadenti, e chiedono il conto. E Gregorio, che inizialmente considera l’indagine sulla morte del suo ex insegnante di filosofia un’ottima occasione per fuggire un presente che lo tormenta e lo preoccupa, finisce per rendersi conto che il tentativo di lasciarsi alle spalle i ricordi e il dolore che essi racchiudono non è che un’illusione. Una penna maneggiata con estrema abilità e competenza, che restituisce al lettore il piacere di scorrere le pagine con curiosità e di assaporare la profondità dei dialoghi, la linearità della struttura e l’originalità della trama. Interessanti le lezioni di filosofia del professor Borromeo, in cui si riflette - in modo accessibile e fruibile anche da chi non ha masticato la materia ai tempi della scuola - sul valore del tempo e sulla difficoltà di svelarne i misteri. Ancora, meritano di essere citate le riflessioni sulla memoria e sull’amore nonché le perle etimologiche disseminate qua e là tra le pagine, che arricchiscono ulteriormente l’esperienza di lettura, consigliata innanzi tutto agli appassionati del genere, ma anche a chi ami qualcosa che non trova definizioni precise ascrivibili a una categoria univoca.