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Dickens e Prince - Uno speciale tipo di genio

Dickens e Prince - Uno speciale tipo di genio

Si fa presto a dire che gli artisti sono degli individui geniali. Tra di essi ci sono quelli che posseggono un tipo speciale di genio che li distingue e li eleva sopra gli altri. Prince, ad esempio, apparteneva a quel genere di artisti per i quali è impossibile smettere di comporre musica, suonarla e registrarla. Era un fiume in piena. Incapace - ma nemmeno l’avrebbe voluto - di smettere di lavorare a nuove canzoni. Chi ha avuto accesso alla cassaforte di Paisley Park, residenza e studio di registrazione del folletto di Minneapolis, ha stimato che ci siano tra le cinquemila e le ottomila canzoni inedite, ovvero un album da dieci brani ogni sei mesi per i prossimi trecento o quattrocento anni. Non tutte saranno potenzialmente delle hit come Purple Rain, ma questo rende l’idea di come Prince fosse privo del tasto “off”, incapace di dividere la musica dal resto della sua vita che, come molti artisti, non fu tutta rose e fiori. Abbandonato da bambino dalla madre, visse con il padre dal quale imparò da autodidatta a strimpellare il pianoforte. Ancora sconosciuto al mondo, ebbe l’impagabile l’opportunità di imparare in studio con il produttore Chris Moon. Ma questo non basta a spiegare l’incredibile talento di un giovane che, nei primi album, suona da solo e incide tutte le tracce degli strumenti e poi diventa un musicista di successo a livello planetario... In un’altra epoca - siamo nel XIX secolo e in piena età Vittoriana - c’è uno scrittore che, allo stesso modo, si consuma a furia di scrivere. Il suo nome è Charles Dickens e anche lui ha avuto un’infanzia difficile, trascorsa nella miseria. Ha quarant’anni e dieci figli, una famiglia e un’amante da mantenere. Il suo primo romanzo, Il circolo Pickwick, è diventato un successo ma ha anche ventisei diverse trasposizioni teatrali non scritte da lui e per le quali non guadagna un penny... Prince e Dickens sono due geni che, oltre al talento, avevano qualcosa in più. Qualcosa che li accomuna ed è proprio l’impossibilità di scindere l’uomo dall’artista. Una giornata spesa senza scrivere o fare musica non era concepibile. Ma un’esistenza vissuta così non può che logorare e consumarti più velocemente. Entrambi muoiono a 58 anni, mentre scrivono o compongono musica, geni totali fino all’ultimo istante...

Uno studio svedese del 1993 intitolato The Role of Deliverate Practice in the Acquisition of Expert Performance ci dice in sostanza che non si può diventare un genio senza essersi esercitati per almeno diecimila ore. Che l’esercizio sia fondamentale sarà anche vero, ma non può essere ovviamente sufficiente. Forse, per appartenere a quella speciale categoria di geni occorre non solo esercitarsi per diecimila ore ma soprattutto consumarsi per diecimila ore. Prince e Dickens erano del tutto simili in questo. Respiravano la loro musica, erano essi stessi le parole e le note che scrivevano. Le creavano, poi le smontavano e le ricostruivano di nuovo. Occorre possedere un talento innato, che non tutti gli artisti hanno. Quello che lo psicologo Dean Keith Simonton definisce “un pacchetto di caratteristiche personali che accelera l’acquisizione di determinate competenze”. Dickens e Prince, che questo talento ce l’avevano, erano quindi destinati a diventare uno scrittore di successo e un musicista di successo, nonostante la vita li avesse messi in una posizione di difficoltà. Ma non sono forse i traumi il motore che spinge alla creazione di molti capolavori? La capacità di osservazione e imitazione Dickens già la possiede sin da quando viene spedito ancora bambino a lavorare in una fabbrica di lucido da scarpe, mentre la brama di musica e la predisposizione per qualunque strumento sono già presenti nel giovane Prince. Questo speciale talento ha un lato oscuro che si chiama ossessione e che li metterà contro al mondo reale fatto di soldi e sfruttamento. Dickens, a causa dei suoi trascorsi di povertà, fu sempre ossessionato dai soldi e si logorò quando ebbe la percezione che le persone si approfittavano del suo nome derubando e copiando le sue opere. Allo stesso modo Prince doveva nutrire una convinzione simile quando si scontrò con i tipi della Warner. In questo strano saggio Nick Hornby, scrittore britannico e autore di romanzi culto come Febbre a 90’ e Alta fedeltà, raccoglie due vite geniali distanti nel tempo ma simili in tutto e per tutto. Due creatori di capolavori letterari e musicali che chissà cosa avrebbero potuto fare assieme se solo si fossero incontrati, votati alla propria arte a cui hanno dato tutto. “Erano felici?” si chiede Hornby. “Probabilmente no. Erano pazzi? Probabilmente”. Ma lo scopo di questo libro non è dare una risposta, bensì” parlare del lavoro e nessuno ha mai lavorato di più, o meglio, raggiungendo così tante persone per così tanto tempo”.