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Dimmelo adesso

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Ore 7 del mattino. Ultimamente Angelica è preoccupata per Michele, suo figlio. Le sembra triste e, tutte le volte che torna da Bologna, dove si è trasferito per frequentare l’università, parla poco e tende a evitare il suo sguardo. Angelica si augura che nessuno umili il giovane e vorrebbe che il ragazzo si confidasse e le dicesse se è incappato in qualcuno che lo offende e non lo ama come lui meriterebbe. Ecco perché lo ha atteso in salotto, con un libro aperto sulle ginocchia, la sera precedente. Michele però non si è aperto, anzi. Le ha proprio detto chiaramente che, forse, le parlerà dei suoi problemi in un altro momento. Durante la conversazione tra madre e figlio, Bruno, il marito di Angelica soprannominato Babumba, ha beatamente russato voltato verso la finestra. E questa mattina, mentre Angelica sciacqua le tazze della colazione, Bruno sta finendo di bere il suo latte e sembra un ippopotamo reso mansueto dall’età. Alle 7,20 Luigi è in attesa, al centro della drogheria, e aspetta che la mamma gli imbottisca il panino. È giovedì e gli alimentari sono chiusi, ma la donna è scesa in pigiama in bottega e, appena il panino per il figlio sarà pronto, tornerà a letto. La madre di Luigi è un donnone dell’est dai capelli tinti di nero sempre legati in un’alta crocchia. Si chiama Draga ma, da quando è arrivata in Italia, per evitare le battute di pessimo gusto dei compaesani, si fa chiamare Agostina. Lei e Giovanni, il papà di Luigi, si sono conosciuti a Belgrado quando il giovane, allora ventenne e appena arruolato, ha partecipato a una missione di pace. La donna, all’epoca, faceva la commessa in un emporio e aveva vinto due medaglie d’argento alle Olimpiadi nel pattinaggio acrobatico. Giovanni e Draga sono una coppia piuttosto solida, nonostante le continue maldicenze dei vicini. Non hanno mai bisogno di spendere troppe parole e si capiscono con uno sguardo. Sono sempre uno al fianco dell’altra, sia in casa che fuori. I genitori di Guido Brizzi detto Bestia, invece, non sono sempre insieme. La madre è perennemente imbottita di psicofarmaci mentre il padre, primario di chiara fama, se la fa con la caposala del suo reparto…

Angelica, una delle protagoniste del romanzo corale di Caterina Falconi - una laurea in filosofia e diversi romanzi e racconti al suo attivo - è una donna in attesa. Vive un matrimonio senza luce, al fianco di un uomo che è una sanguisuga dei sentimenti e delle altrui aspirazioni, e si preoccupa per il figlio, giovane uomo con un percorso di vita sicuramente irto di difficoltà, al quale vorrebbe evitare umiliazioni e dolori. Angelica vive un corpo che non la soddisfa più: avverte che la menopausa è vicina, e con essa un inevitabile cambiamento, e desidera essere di nuovo accarezzata dagli occhi di un uomo, così come le accadeva un tempo. Il suo errore più grave è quello di aver accettato supinamente situazioni che non le piacciono e di non aver parlato al momento giusto (ecco la ragione del titolo del romanzo), finendo con il farsi completamente prosciugare. Ha perso anche l’ultimo treno e la vita - diversamente dall’Università - non le concederà appelli straordinari. Si sente una reclusa in casa così come dentro sé e anche il luogo di lavoro - nel quale finisce per trascurare il suo compito di vigilanza - le sta stretto. Ha una laurea, Angelica, ma da sempre si è adagiata nel suo incarico di bidella in una scuola. La sua storia di rinunce e passiva accettazione si intreccia così con i destini di un manipolo di giovani bulli completamente diversi tra loro ma accomunati da un’arroganza, figlia delle umiliazioni subite e dell’indifferenza degli adulti, che li rende, allo stesso tempo, vittime e carnefici di sé e degli altri. La scuola come un microcosmo della vita, in cui tutti sono protagonisti e nel quale, tra crudeltà e insolenza, si crea quel circolo vizioso che Angelica non è in grado di spezzare, perché, di nuovo, non sa intervenire al momento giusto. Con una lucidità e un’apparente freddezza, che rivelano invece un’intimità tanto profonda quanto dolorosa, la Falconi riesce a penetrare nella complicità di giovani abituati a soffocare la propria coscienza e non esita a denunciare come la giovinezza - e, allo stesso modo, anche ogni possibilità di riscatto - sia, spesso, una difficile e dolorosa via crucis, di fronte alla quale non ci si può voltare dall’altra parte, indifferenti e sordi.