
Dopo un lungo periodo passato a Londra a lavorare nel settore della finanza Guido Maria Brera torna a Roma, il luogo in cui è cresciuto e da cui è andato via da giovane. La lunga passeggiata che si snoda lungo le vie di una città che mostra con tutta evidenza le profonde ferite economiche e sociali causate dalla crisi pandemica diventa un pretesto per mettersi alla ricerca di un “fantasma”. Un fantasma che abitava in via Cadlolo 42 e di cui si persero le tracce nell’aprile del 1987. Quel fantasma era Federico Caffè. “Un insegnante, un professore di Politica economica e finanziaria a Roma, alla facoltà di Economia. Un mentore. Un intellettuale vero. Un uomo schivo e affascinante, luminoso per il mondo anche se il mondo si faceva cupo per lui”. Passeggiando per Roma, Guido Maria Brera cerca il fantasma di Caffè e soprattutto delle sue idee economiche. E attorno a questa sua passeggiata si snoda il racconto, lirico e appassionato ma al tempo stesso rigoroso, delle vicende economiche e politiche che hanno interessato l’Italia e il mondo in questi ultimi trentacinque anni. Una storia lunga e sofferta che tiene insieme le politiche della Thatcher e di Reagan con il referendum sulla scala mobile, le ascese e i crolli della finanza d’assalto con la crisi dell’euro, la vicenda privata di un uomo di scienza con i destini di un intero sistema economico...
Il 15 aprile 1987 Federico Caffè, professore di politica economica e finanziaria presso l’Università “La Sapienza” di Roma, uscì di casa all’alba e sparì senza lasciare traccia. Il fratello Alfonso, professore di lettere con cui condivideva l’abitazione di via Cadlolo, non si accorse di niente. Nei giorni successivi alcuni suoi studenti universitari, molti dei quali avrebbero poi avuto una brillante carriera accademica e professionale, si misero alla sua ricerca per tutte le strade di Roma, ma questi loro tentativi non sortirono nessun risultato. Federico Caffè era scomparso nel nulla senza fornire alcun indizio possibile in merito alla sua sorte: sul comodino aveva lasciato l’orologio, i suoi documenti e gli occhiali da lettura. Fin da subito l’ipotesi più plausibile fu quella di un suicidio: il professore, che ormai aveva raggiunto l’età della pensione, stava in effetti attraversando un periodo molto difficile. Al profondo dispiacere per il fatto di dover abbandonare l’insegnamento, che era stata la sua ragione di vita, si accompagnavano le preoccupazioni legate alla malattia del fratello e al timore per le proprie finanze personali. A questo si aggiungevano anche le cicatrici lasciate dai troppi lutti che lo avevano colpito nel giro di pochi anni, come la perdita della madre e di alcuni dei suoi più cari allievi, tra cui Ezio Tarantelli, ucciso dalle Brigate Rosse nel 1985, Franco Franciosi, morto di cancro nel 1986 e Fausto Vicarelli, vittima sempre nel 1986 di un incidente stradale. In questo Dimmi cosa vedi tu da lì Guido Maria Brera sceglie una forma originale, a metà tra il saggio economico e il romanzo di autofiction per ricordare la figura di un grande intellettuale, trasformando una vicenda personale ad oggi ancora ammantata di mistero nel simbolo della crisi, economica, intellettuale e morale, di un’intera epoca. La sparizione di Caffè viene infatti a coincidere, vuoi per puro caso o forse per ironico destino, con il tramonto delle teorie economiche keynesiane e con il trionfo del paradigma liberista che avrebbe trasformato in profondità le nostre società. Insieme a Caffè sparì anche un’economia che si sforzava di mettere al centro dell’attenzione i temi del lavoro, dell’uguaglianza e della solidarietà e di cui oggi, dopo tanti anni di disastri, si sente una profonda nostalgia. Un’economia che Guido Maria Brera riesce a far rivivere nelle pagine di questo libro, che ha l’enorme pregio di riuscire a trattare temi non facili in modo accattivante e con un linguaggio accessibile a chiunque. Un libro che è una lettura obbligata per tutti coloro che vogliono sforzarsi di capire meglio i tempi difficili che stiamo vivendo.