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Dispassione

Dispassione

Fiamma è una signora sulla sessantina intollerante, apatica e solitaria, indifferente a tutto ciò che la circonda: evita il rapporto con gli altri e preferisce starsene da sola, chiusa nel suo appartamento che tiene pulito in modo maniacale, cercando così di eliminare anche negli oggetti qualsiasi traccia di contatto col mondo esterno. Per calmarsi, quando gli altri le parlano conta dentro la sua testa, conta di tutto, particolari insignificanti come gli angoli di un tavolo o le lettere di ogni singolo termine, trovando così il suo mantra nel “sintagma perfetto solarium”, composto da dieci lettere assolutamente rassicuranti come tutti i numeri pari. Contare le serve per prendere le distanze dagli altri, dai loro discorsi, soffermandosi così solo sui suoi pensieri alla ricerca di un solitario equilibrio. Col tempo Fiamma ha progressivamente cancellato dalla sua mente tutto ciò che può ferirla, costruendo intorno a sé uno “scudo isolante” fatto di assenza di memorie, di mancanza di empatia ed emozioni: i ricordi sono come “cicatrici” che ancora fanno male e qualche volta, secondo lei, è meglio una “mente sgretolata e bugiarda” con tutti i suoi buchi piuttosto che convivere con la propria disperazione e con la certezza di assenze incolmabili. Fiamma pare così una sorta di fantasma senza storia e senza futuro che si aggira per le vie dell’esistenza sperando di uscirne incolume. Ha solo due amiche, Paola e Valeria, ma non si ricorda nemmeno più cosa la leghi a loro e, soprattutto, perché continuino a volerle bene, nonostante la sua scontrosità. Così, quasi senza volerlo, accetta l’invito di Valeria che le chiede di accompagnarla a Lecce per un convegno. Ma durante la visita al centro storico della città, accadono alcune stranezze che Fiamma non può ignorare: una donna che “negli occhi ha qualcosa di antico, saggio e accogliente” le rivolge la parola, la tocca, le fa “quasi una carezza”, cosa che non le accadeva più da anni, poi una voce di bambina dal palco improvvisato di un teatro all’aperto la chiama. Iniziano così a manifestarsi nella mente di Fiamma, quasi in una sorta di improvvisa “epifania”, frammenti della sua vita precedente, in cui era un’altra donna, in cui c’era un marito, Pio, e accanto a loro una bambina da proteggere e da amare. L’impulso di seguire la voce di una sconosciuta che è sempre stata dentro di lei è troppo forte e niente e nessuno, nemmeno le preghiere di Valeria, la possono fermare in questo viaggio a ritroso nel tempo alla ricerca di un’esistenza perduta e dimenticata, di un “altrove irraggiungibile” in un arduo percorso di ricostruzione personale…

Dispassione, secondo romanzo di Maria Laura Rosati e candidato al Premio Campiello 2021, è un libro denso di riferimenti ed evocazioni letterarie, da Cent’anni di solitudine col suo tempo circolare all’enigmatica Alice di Carrol, alle “epifanie” di Fiamma che ricordano un po’ quelle di Joyce, al lungo monologo interiore, talvolta flusso di coscienza, che rimanda ai grandi della modernità, da Svevo a Proust. Fiamma, un ossimoro già nel nome data la sua apparente freddezza, ci guida attraverso la narrazione in prima persona nel tortuoso labirinto della sua mente che non si sottrae a una sottile e crudele autoanalisi. A poco a poco comprendiamo assieme a lei che il suo viaggio non è solo alla “ricerca del tempo perduto”, ma anche di universi paralleli in cui si aggirano esistenze e identità, più o meno consapevolmente, dimenticate. La sua “dis-passione”, cioè “l’allontanamento estremo da tutto e da tutti, dal mondo, dai sentimenti”, in realtà nasconde una forte “passione” per ciò che cerca, decisa a tentare un salto in un tunnel “spazio-temporale”. Assumendo i panni di una moderna Alice, la nuova Fiamma si mette alla ricerca del “passaggio” per ritornare a un’identità perduta, senza eliminare quella che per tanto tempo l’ha accompagnata. Quella di Fiamma è una storia di riscatto e di ricostruzione personale, ma anche di speranza: nelle pagine conclusive del romanzo, ricche di sorprese per la protagonista e per il lettore, si comprende che ognuno può creare il proprio universo e sperimentare il passaggio in mondi paralleli, basta trovare, come raccontava Carrol, il “tunnel” in un angolo ben nascosto di ciascuna delle nostre piccole vite.