
XVIII secolo. Giuseppe Davanzati, arcivescovo di Trani, racconta una conversazione avuta a Roma con il cardinale Schrattembach, vescovo di Olmutz. L’alto prelato afferma di aver ricevuto “una distinta relazione (…) nella quale (…) signori offiziali gli davano notizia come il morbo o la strage de’ vampiri era molto dilatata nella provincia della Moravia sua diocesi”. Davanzati non ha idea di cosa siano questi vampiri di cui Schrattembach parla, e quello con aria turbata e spaventata gli spiega che si tratta addirittura di “uomini morti da alcuni giorni prima, i quali già sepolti e sotterrati compaiono di nuovo nella stessa forma e negli stessi abiti e portamenti di quando erano vivi”, tornano alle loro case apparentemente per riprendere la vita di prima ma in realtà con intenzioni ben più sinistre e maligne, dato che essendo “ingordi ed avidi di sangue umano”, iniziano a tormentare i loro familiari e amici succhiandone il sangue, riducendoli “in pochi giorni esangui, squalidi ed emaciati fin a tanto che brevemente senza soccorso di veruno oportuno rimedio se ne morivano miseramente”. E non solo: “coloro che in tal guisa morivano divenivano similmente eglino ancora vampiri, ed apparendo agli altri come ai primi, cagionavano colla loro comparsa finalmente a quella morte”. Questo orrore si diffonde quindi come un’epidemia, facendo spopolare intere province, ormai infestate di vampiri…
Questa Dissertazione sopra i vampiri è un documento di grandissima importanza. Scritta a quanto pare intorno al 1740, “rinnovandosi nel 1739 le apparizioni de’ vampiri in Germania”, sicuramente precedente alla più celebre Dissertations sur les apparitions des anges, des démons et des esprits, et sur les revenants et vampires de Hongrie, de Bohême, de Moravie et de Silésie di R. P. Dom Augustin Calmet e diffusa già in manoscritto dagli anni immediatamente successivi tra i dotti del tempo e nelle corti europee (finanche il Papa Benedetto XIV ne richiese copia e ringraziò l’autore per il lavoro svolto nel 1743), fu stampata in volume solo nel 1774, un ventennio dopo la morte dell’autore. Non è certo il primo testo in cui si faccia riferimento ai vampiri, ma è di sicuro il primo in cui si affronti il problema cercando di “risolverlo”, cioè di trovare una spiegazione al fenomeno, andando oltre l’aneddotica e il folklore medievale. E particolarmente interessante – oltre che abbastanza sorprendente – è che l’approccio di Davanzati (in fin dei conti un alto prelato e per giunta del XVIII secolo, non certo uno scienziato) sia scettico, razionale, attento alla plausibilità delle fonti e alle sfumature sociali e culturali della questione. Malgrado il volume non abbia raggiunto la fama che meritava, ebbe una profonda influenza su Benedetto XIV, non a caso l’unico pontefice che si sia mai espresso pubblicamente sul tema dei vampiri (e non a caso lo ha fatto ricalcando le conclusioni del Davanzati, con piglio quasi illuministico).