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Dissolute e maledette

Dissolute e maledette

Tomiri, regina dei Massageti, è la sanguinaria senza pietà alcuna che“disse a Ciro: / ‘sangue sitisti, ed io di sangue t’empio”, come ricorda Dante nel Purgatorio. Se ne tramanda infatti il grande odio per Ciro il Grande, acerrimo nemico del suo popolo e responsabile della morte di suo figlio. Tomiri tagliò la testa di Ciro, caduto in battaglia, e, con un gesto di estrema ferocia, la immerse in un otre pieno di sangue umano. L’episodio non è storicamente provato, ma la tradizione è ben consolidata. Sempre tra le donne “lordate di sangue” c’è Olimpiade, moglie di Filippo II. Atleta e vincitrice di giochi olimpici, è la madre di Alessandro Magno. Le sue colpe? Aver esercitato il potere nonostante fosse donna e averlo esercitato snobbando i potenti dell’epoca sua. Responsabile di morti illustri alla corte macedone, è ritenuta colpevole anche dell’assassinio di suo marito. Dotata di forte personalità e capace di brillare di luce propria, Olimpiade - ci ricorda Lorenzo Braccesi, grecista italiano che ha insegnato nelle Università di Torino, Venezia e Padova e ha fondato la rivista “Hespería, Studi sulla grecità di occidente” - fu vittima di un’ostilità composta da due elementi: “la denigrazione strumentale per fini politici e l’odio di genere”. Armata, crudele e sanguinaria è Teuta, regina degli Illiri. O, almeno, tale ce la dipinge la tradizione. Un capitolo è poi dedicato nel saggio alle “Cortigiane di Oriente e adultere di Occidente”. Vi troviamo Semiramide, Cleopatra, Giulia figlia di Augusto, Poppea, seconda moglie di Nerone. Seguono, nel capitolo successivo, due matrone chiacchierate: la spregiudicata Clodia e la bellicosa Fulvia. E poi ancora due regine, due combattenti, l’una contro Atene, l’altra contro Roma: Artemisia e Zenobia. Il saggio si chiude infine con le “stuprate e sante”, tra le quali troviamo Rea Silvia e Procla, la moglie di Ponzio Pilato...

Nel mondo occidentale, fin dall’antichità, il potere, come è noto, venne generalmente ritenuto una prerogativa maschile. Le donne che lo esercitarono furono per lo più reggenti, vedove di un sovrano e garanti dei diritti del suo erede ancora bambino, oppure, come nella Roma repubblicana, attive cospiratrici. Giudicate con severità molto maggiore di quanto lo sarebbero stati degli uomini che si fossero trovati nella loro identica situazione, queste donne sono tuttavia entrate nella leggenda per le loro azioni, il loro carattere, la loro determinazione e anche per quella rottura degli schemi canonici che le indusse ad agire secondo modalità tradizionalmente considerate non femminili. Iscritte a pieno titolo nella memoria e nella storia, furono però giudicate e tramandate come intriganti, traditrici, avide e lussuriose. Questo perché, nota Braccesi, ordinario di Storia greca in numerose e prestigiose università, “il potere sostanzialmente è sempre maschile e se delle donne, esercitando un potere scoperto e palese, si comportano come è uso comportarsi l’altro sesso, ciò, perché in aperta dissonanza dal costume imperante, urta con la sensibilità diffusa o, addirittura, con il comune senso della morale”. Il saggio offre al lettore, oltre alla piacevole e interessante lettura, anche una ricca bibliografia e un utile indice dei nomi.