
I Manouche erano bravi artigiani, ottimi addestratori di cavalli ma, più di tutto, avevano nel cuore e nel sangue la musica. Con gli strumenti, le danze e i canti portavano allegria e festa in ogni luogo in cui si accampavano con i loro carrozzoni colorati e i loro falò. Django era solo un ragazzo, ma era il miglior chitarrista del villaggio e sapeva suonare anche il violino, il contrabbasso e il basso. Era talmente bravo che la sua musica la portava anche al di fuori del campo nomade, nei migliori ristoranti di Parigi dove ogni sera faceva ballare e sognare tante persone. Una sera, mentre torna a casa, Django incontra un misterioso gigante, vestito di nero e con un orecchino d’oro, che gli regala il prezioso plettro d’oro, uno strumento magico e leggendario che solo i più grandi musicisti possiedono. Prima o poi, accenna il tipo misterioso, Django sarebbe diventato famoso in tutto il mondo. Ma le cose prendono da subito una brutta piega perché, tornato a casa, Django è vittima di un terribile incidente: un incendio distrugge la sua roulotte e lui perde l’uso di due dita. Cosa resta di un chitarrista senza dita per poter suonare?