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Don Giovanni in Sicilia

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All’ombra dell’Etna, a Catania, nel clima soffocante e sonnolento degli anni Trenta, un gruppo di non più giovanissimi perpetua la dorata adolescenza, conducendo una vita senza qualità. Uomini che si insinuano nelle strade buie del centro alla ricerca di qualche fugace relazione erotica, magari mercenaria. La Catania fascista, d’altra parte, è infestata di bordelli, regolarmente frequentati da un’umanità immersa in un sensualismo languido, e che del sesso fa la sua principale ossessione. A guidare il gruppo è Giovanni Percolla, vitellone coccolato dalle sorelle nubili, anch’esse tarate da qualche vizio. Giovanni e i suoi amici esibiscono una libidine straripante ma frustrata dall’impossibilità di creare relazioni durature. Non riescono infatti a compiere le imprese erotiche che sognano. Ma d’altra parte, per loro il sesso è soprattutto immaginazione e il piacere si coglie soprattutto guardando e parlandone. Non va meglio in una trasferta romana: Percolla, Muscarà e Scannapieco non riescono a combinare nulla. Tornano quindi a Catania, ma ormai sono tarati dal desiderio di viaggiare, naturalmente per conseguire il loro scopo principale. Tutto muta quando Giovanni si innamora e si sposta nel continente. Ma si tratta di una metamorfosi solo apparente…

I fatui protagonisti del romanzo di Vitaliano Brancati condividono vizi e vezzi, che in modo irridente l’autore si diverte a rappresentare con amara causticità, e con una buona dose di indulgenza, a ben guardare. Sono siciliani. Interamente, radicalmente, siciliani. Con l’indolenza levantina e la torbida sensualità orientale che scorre fluida nelle loro vene. Ribollono nel desiderio della donna: si tormentano e così, paradossalmente, sono felici. Perché per loro la donna è preda da conquistare ma anche da temere. E quando alla carnalità subentra l’amore, sotto il cielo fosco e pesante di scirocco, allora si impongono scelte nuove. Giovanni porta la moglie a Milano, lontano dalle secche dell’inerzia. Qui, con una camaleontica metamorfosi, tipica del siciliano trapiantato al nord, diventa efficientissimo. Brancati ripropone in tal modo la topica della contraddizione tra Nord e Sud: tra frenetica laboriosità e dolce vita. Lo fa incantando il lettore con la sua prosa scarna ma anche innervati da eleganti impeti lirici. Confezionando ritratti indimenticabili e quadri d’ambiente di rara bellezza. E con un gusto attualissimo per la satira di costume, che mette alla berlina gli eterni vizi italioti. Nel 1967 Alberto Lattuada ha girato un film tratto dal romanzo, con l’interpretazione di Lando Buzzanca, Stefania Careddu, Katia Moguy, Rossana Martini, Ignazio Leone.