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Donna delle pulizie

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Stephanie non se lo immaginava, che sarebbe potuta andare così. Quando sei ragazza anche qualche scelta sbagliata, qualche treno perso sembra (forse è) rimediabile. Però le cose cambiano quando diventi madre. Quando il padre di tua figlia è un uomo ostile, quasi violento, e la relazione va in fumo. Quando la mancanza di una famiglia accanto rende desolante la solitudine e la consapevolezza vertiginosa di dover contare solo sulle tue forze. Quando non essere andata al college ti relega in fondo alla catena alimentare. Così Stephanie si ritrova a esplorare tutte le pieghe più riposte del sistema assistenziale statunitense, potendo aggiungere ai sussidi statali solo la misera paga che si procura facendo la donna delle pulizie. Spugna e spazzolone alla mano, con la brigata delle ugualmente sfortunate compagne Stephanie affronta ogni giorno la fatica, i turni doppi (quasi agognati, per qualche dollaro in più), i dolori lancinanti alle articolazioni. E poi lo schifo. I cessi luridi che rivoltano lo stomaco, la sporcizia più varia, le macchie ataviche. Eppure resiste. E si sbatte in ogni modo per restare dentro alle maglie del sistema, perché con un po’ di fortuna riesce ad avere sempre un tetto sopra la testa, l’assegnazione di un alloggio popolare che non la costringa in strada con la figlia. Certo, accettando di condividere gli spazi con l’umanità più varia perché quelli borghesi, che ce l’hanno fatta, di certo non vivono nei rifugi per senzatetto. No, anzi, sono i suoi clienti, quelli che la guardano dall’alto in basso o nemmeno la vedono…

La giornalista Barbara Ehrenreich dà voce a una donna vera con una storia vera di sofferenza e riscatto. Stephanie è una ragazza madre che, complice la situazione personale e il non aver completato gli studi, si trova nella tenaglia della povertà e dell’assistenza pubblica. Impara a destreggiarsi tra asili low cost, buoni spesa e altre forme di tutela, sapendo che più riesce ad ottenere più la sua povertà è visibile, manifesta. E povertà fa purtroppo rima con emarginazione. E qualche volta pure con ingiustizia. Eppure Stephanie è una giovane donna straordinariamente resiliente, che trova nella figlia l’ancora che impedisce la deriva, la disperazione, la depressione. Rimane sempre lucida, studia come una pazza nei minuscoli momenti liberi tra il suo lavoro massacrante e la vita da madre; sa che il college è l’unica via per affrancarsi e mette anima e corpo in questo progetto. Affronta insieme agli altri reietti le file interminabili per ottenere i contributi della pubblica assistenza, senza autocommiserazione. Rabbia, a volte, e una stanchezza disarmante che si sente scorrere nelle pagine, insieme alla consapevolezza che “(il) sistema di assistenza governativa […] più spesso ricaccia i poveri nella povertà piuttosto che tirarli fuori”. Non bisogna essere brutti e cattivi, basta infilare un paio di scelte sbagliate e nulla è più come prima. Per fortuna, questa frase è vera in entrambi i sensi, al punto che Maid è diventato un caso letterario, suggerimento di lettura dell’ex presidente Obama nel 2019. Come a dire, cambiare si può.