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Donne che amano troppo

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Jill era una donna che amava troppo, profondamente infelice per via delle sue relazioni con gli uomini. “Vorrei sapere cosa faccio di sbagliato, in che cosa o come devo cambiare”. Aveva ventinove anni quando iniziò la terapia. Conobbe Randy circa due mesi prima. Era meraviglioso, amava essere accudito. Lei adorava, quasi ossessivamente, prendersi cura di lui. Aveva definito così il suo ruolo nel rapporto, doveva aiutare il suo uomo a capire cosa volesse dalla vita. Randy si sentiva soffocare. Jill si era assunta la totale responsabilità della relazione. Si colpevolizzava per il fallimento del rapporto, negando la realtà. Era sempre stata una ragazza affidabile. Aveva collezionato successi in diversi ambiti ma aveva poca stima di sé. Jill racconta di un padre che l’amava ma non riusciva a dimostrarlo, era del tutto incapace di costruire legami affettivi profondi. Per Jill era meno penoso continuare a biasimare se stessa piuttosto che ammettere la sostanziale incapacità di amare del padre. Affamata di amore ed approvazione mai ricevuti, Jill aveva sempre trovato uomini inadeguati. Quando si vivono esperienze infantili sofferenti e disturbate si verifica inconsciamente una pericolosa coazione a ripetere situazioni simili, nel tentativo di riuscire finalmente a dominarle. Jill, rimanendo bloccata in questo eterno circolo vizioso, continuava ad innamorarsi di uomini affettivamente indisponibili, trascinando un sovraccarico emotivo non risolto…

Quando si ama troppo? Come mai le donne che amano troppo trovano l’uomo adatto a rivivere la morbosità del rapporto tipica della loro infanzia? Perché poi faticano a lasciarlo? A queste domande cerca di trovare risposta Robin Norwood, psicoterapeuta americana specializzata in terapia familiare, problemi di tossicodipendenza ed alcolismo. Donne che amano troppo è la sua opera più famosa, un bestseller che ha venduto milioni di copie in tutto il mondo. Risale al 1985 la prima pubblicazione eppure, ancora oggi, il testo offre spunti di massima attualità. Affronta il tema della dipendenza relazionale con un linguaggio chiaro e diretto, privo di sofisticati tecnicismi. Un manuale di auto-aiuto che fornisce indicazioni pratiche, strumenti e risorse necessari per raggiungere la guarigione attraverso una maggiore consapevolezza di sé. Quella di Jill è la testimonianza di una donna fra tante. Si parla alle donne poiché storicamente giudicate il “sesso debole”, naturalmente predisposte al sacrificio, deboli, fragili ed assistenziali per attitudine. Un ruolo rinforzato dalla morale giudaico cristiana che da sempre incentiva l’aiuto compassionevole per il prossimo. L’idea stessa di vero amore subisce pesanti condizionamenti sociali. Letteratura, cinema e telenovelas trasmettono messaggi romantici fuorvianti. L’Eros è struggimento, brama disperata e sofferenza. In realtà amare troppo è una condizione pericolosa e debilitante, una vera e propria malattia, un processo morboso che mina il benessere psicofisico mettendo a rischio la salute. Queste donne non amano affatto perché sono dominate dalla paura dell’abbandono. Un terrore radicato che nasce da traumi infantili, dalla rigidità dei ruoli familiari mantenuti per proteggere l’ecosistema familiare. Nell’impossibilità di esprimere i propri bisogni, queste donne non possiedono gli strumenti adeguati per rapportarsi con le persone. Sono attratte da partner che consentono loro di ricreare quel malsano clima di carenze emotive tipico della loro infanzia. L’errore primario è cercare una relazione sentimentale senza aver prima sviluppato amore per se stesse. La realtà va accettata per ciò che è, senza negarla e senza sforzarsi di mantenere ossessivamente il controllo. Quando cambiano le convinzioni relative al proprio scarso valore vi è accettazione autentica. La comprensione offre l’opportunità di scegliere e ciò aumenta la libertà di scelta. Il benessere personale diventa così una conquista e una priorità.