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Dopo la pioggia

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Elena è una madre, una moglie, una traduttrice intrappolata nel suo quotidiano, una donna che per troppo tempo è stata incapace di reagire: alle umiliazioni, ai tradimenti del marito, ai suoi stessi desideri accantonati. Ma, una mattina che sembra come tante, qualcosa cambia: scatta la molla del desiderio che, taciuto ma non sopito, si fa potente ribellione. Elena mette a soqquadro casa e va via per un po’. Ettore, suo marito, intanto fa scena muta al Congresso dei soci. Gli è preso il panico, e nemmeno Claudia, la sua collega e amante, riesce a risollevarlo. Torna a casa: tutto è in disordine, Susanna e Giovanni, i suoi figli, non sanno dove sia Elena. Il loro matrimonio era diventato come quell’acqua calda – insapore – che la moglie aveva preso a bere ultimamente. Ettore si arrangia: sente di non avere la forza per gestire i figli, la casa. Da solo. Fa quello che può. Sotto il cuscino, prima di coricarsi, trova un bigliettino di Elena in cui lei lo avvisa che si prenderà qualche giorno. Ettore sa che Elena sa di Claudia. Ma non hanno mai avuto il coraggio di parlarne. Di parlarne davvero. Ettore, intanto, promette ai figli che l’indomani andranno dalla madre, che è al Faggio Rosso, nella loro casa di campagna. Ma il mattino seguente, è la natura a ribellarsi ai soprusi dell’uomo: un temporale violento fa esondare il Tevere, Roma è sommersa. Ettore è già in viaggio con i figli, mentre Elena decide di scendere in strada a cercarli, sotto la tempesta...

Chiara Mezzalama – già autrice di Avrò cura di te e Il giardino persiano – con Dopo la pioggia tocca le corde dell’anima dell’uomo (dell’essere genitori senza tempo, dei legami matrimoniali, dei sogni infranti) e della natura (usata e abusata). Descrive la loro distruzione e, quindi, la loro rinascita. Il crollo delle sicurezze e la loro ricostruzione basata sulla certezza dell’insicurezza costante che accompagna l’esistenza dell’uomo e della natura. Perché se in un attimo tutto può cambiare, è paradossalmente la consapevolezza di ciò che rende l’uomo davvero forte e capace di lottare, di affrontare la vita. Per il puro gusto di vivere, di combattere senza aspettarsi necessariamente un risultato. Questo romanzo è un inno alla distruzione come ricreazione, come ricalibrazione delle incertezze quali costanti esistenziali. Dentro ci sono diversi cuori e diverse anime: la famiglia di Elena ed Ettore, quella che era stata, si apre a nuove persone che la arricchiscono e, inevitabilmente, la cambiano. Nel disastro si ha modo di crescere, di costruire nuove radici non indissolubili. Dopo la pioggia racconta la sostenibile mutevolezza dell’essere. Anche la prosa è fluida, limpida, lascia galleggiare il lettore – come in transito – sulle acque della vita, mentre osserva, in alto, le nuvole passare, le persone mutare, l’amore cambiare, eppure restare. Le parole scendono nel profondo, ma con levità. Affondano nella tempesta, ma tornano a galla infangate, si sporcano e si mondano da sole. L’uomo, battezzato nel temporale della natura – che ha tutti i tratti apocalittici di un vero e proprio diluvio universale –, riscopre la forza del suo primordiale credo nella vita, nella lotta che è cambiamento tenace, che è eterno mutare e – comunque – restare.