
Londra. Kate Powell esce dalla stazione della metropolitana di King’s Cross per dirigersi presso la sua agenzia di comunicazione. Oggi è un giorno importante: il Kingsmere Trust deciderà se affidare a loro oppure alla CKB Marketing – diretta dall’ex di Kate, Paul Sutherland – una costosa campagna pubblicitaria. Cinque minuti dopo mezzogiorno, arriva la risposta: la Powell PR ha ottenuto l’incarico. Eppure Kate non riesce a godersi il momento: la sera stessa, prima che possa uscire per raggiungere la sua amica Lucy e festeggiare con lei, viene raggiunta a casa proprio da Paul, ubriaco, che tenta di violentarla. Dopo una breve colluttazione, la ragazza riesce a cacciarlo fuori di casa e a raggiungere la sua amica. Tuttavia nemmeno da lei Kate assapora la felicità: c’è qualcosa che le manca. Invano Lucy prova a convincerla che ciò di cui ha bisogno è una vacanza, o un ragazzo o, più in generale, una vita sociale più attiva. Kate è irremovibile: non è quello che le serve in questo momento. Due settimane più tardi la ragazza è nella sua agenzia. Mentre si sta preparando un caffè scorge l’articolo di una rivista e si mette a leggerlo. Il trafiletto parla in breve del ruolo dei donatori di sperma e di come la loro figura renda inutile quella del marito. Il servizio la illumina, un figlio è quello che ci vorrebbe per renderla felice, lei ama i bambini. A pranzo si confida con Lucy riguardo la prospettiva dell’inseminazione artificiale. L’amica ne è sconvolta e tenta di farla ragionare, di farle comprendere come sia meglio – e più bello – avere dei figli in maniera naturale. Ciononostante, Kate sembra aver preso la sua decisione...
La prima impressione che si ha leggendo questo thriller – non facente parte della fortunata serie che ha come protagonista l’antropologo forense David Hunter, personaggio che ha reso uno scrittore famoso, ricco e premiato Simon Beckett – è che questo romanzo sia tutto tranne che un thriller. Ed è qui che risiede tutta la bravura di Beckett. I primi due terzi di Dove c’è fumo infatti potrebbero tranquillamente essere l’incipit di una grande storia d’amore, destinata a durare in eterno. Invece no: l’autore di Chimica della morte cambia ritmo alla narrazione quando e come vuole, inserendo (pochi) colpi di scena nei momenti salienti dell’azione, facendo piano piano crescere la suspense per poi chiudere col botto. Eppure manca quel qualcosa in più: il personaggio di Kate non sembra avere un grande spessore psicologico e quando è costretta a prendere delle decisioni importanti, concernenti tematiche riguardo cui si potrebbero scrivere pagine su pagine, la donna sembra essere totalmente in balia degli eventi, incapace di fare mente locale. Inseminazione artificiale e gravidanza naturale, aborto e non interruzione della gravidanza sono argomenti che non possono semplicemente fungere da contesto e da pretesto. Dove c’è fumo – riassumo velocemente da una nota dell’autore ad inizio libro – è stato pubblicato per la prima volta nel 1997, ma è stato revisionato nel 2009 in occasione della pubblicazione per l’edizione tedesca, in cui Beckett ha “aggiornato” il romanzo, inserendovi alcuni degli sviluppi tecnologici – social network in primis – che si sono prodotti nel corso degli anni. Una scelta saggia, che rende questo thriller più credibile agli occhi del lettore del ventunesimo secolo.