
Berlino, Roma, Parigi. Porta di Brandeburgo, Palazzo del Reichstag, Alexanderplatz. Colosseo, Piazza di Spagna, Musei Vaticani, Via Condotti. Louvre, Arc de Triomphe, Tour Eiffel. La mattina di un settembre qualunque, tre città europee e le loro icone sono l’obiettivo di diversi carichi di esplosivo da centinaia di chili, associati a lastre di vetro o bulloni e viti o sfere d’acciaio e nascosti su veicoli perfettamente mimetizzati nel traffico cittadino. I miliziani al soldo dell’organizzazione terroristica I figli di Allah li faranno esplodere contemporaneamente a un segnale convenuto. Complice di Abu Mussah Al Tikriti – ex Generale di Divisione della Guardia Repubblicana di Saddam Hussein – e dello Sceicco Khalid Mahmoud Al-Dohani, rispettivamente burattinaio e braccio finanziario dell’attentato, è Gianni Arienti, mercenario italiano senza scrupoli che fu la chiave per la spinta economica necessaria al neonato gruppo terrorista, grazie a un colpo alla Banca Centrale Tedesca, in seguito al quale però, declinò l’invito dello sceicco di unirsi a loro come capo militare: non era quella la sua guerra, egli aveva altre vendette di cui occuparsi. Ma il mondo adesso sta per cambiare, resta solo la guerra, e davanti a questo incubo Gianni non potrà tirarsi indietro e nascondersi dietro l’indifferenza...
Da dove nasce l’odio? In ognuno ha origini diverse: dall’abbandono, dalle ingiustizie, dalla sofferenza, dalla violenza. “Sapere da dove nasce l’odio di chi tiene un’arma in mano pronto a utilizzarla è fondamentale [...], se è qualcosa di profondo, di personale”, e Paolo Panzacchi eviscera l’argomento con gli artigli di una spy-story senza scrupoli, dove la violenza e la rabbia condiscono con toni graffianti le vicende che si alternano tra passato e presente, in un concatenarsi di ricordi, motivazioni e alibi, riportando la macchina-da-guerra Gianni Arienti all’attenzione del lettore, dopo Il pranzo della domenica. C’è poca trama e molte considerazioni, e molto spazio è lasciato a dialoghi ben costruiti: un po’ difficile da seguire se non si ama il genere. Spionaggio, intrighi internazionali, guerra e terrorismo, servizi segreti: sembra a tratti la cronaca di un’inchiesta dove “Nulla è quello che sembra e nessuno è chi dice di essere” e dove la manipolazione e i doppiogiochisti sono all’ordine del giorno. Uno stile secco e tagliente, una narrazione dinamica e adrenalinica dove l’uso del presente contribuisce a creare ansia e attesa. Sicuramente Panzacchi sa il fatto suo ed è molto preparato sull’argomento, poiché lo stile senza distrazioni è preciso, netto, arriva dritto al sodo. Il peso delle esperienze infantili e l’influenza degli adulti possono indirizzare ciò che saremo: “Non si riesce mai a riposare davvero se non si è chiuso con il proprio passato”, e l’odio diventa così il centro dell’universo, lasciando spazio soltanto alla “forza dell’orgasmo immenso che è la vendetta”.