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È la storia di Sarah

È la storia di Sarah

Lei è un’insegnante di liceo che non si aspetta niente dalla vita, costretta a crescere una figlia da sola da quando, dopo anni di amore, il padre è uscito di casa e non è più tornato. Un sentimento finito di punto in bianco. Una follia alla quale, suo malgrado, si è adattata. La sua è un’esistenza sospesa: ha un nuovo compagno, un ragazzo bulgaro, ma è, appunto, solo un accompagnatore, niente di più. Non vive davvero la vita, ma è diligente, all’apparenza: gradevole, sempre gentile, curata nel vestire; mamma amorevole e perfetta mentre porta a spasso in bicicletta la sua piccola per le strade di Parigi, nel quindicesimo arrondissement. I suoi studenti eccellenti la adorano, i suoi genitori sono persone meravigliose. Avrebbe continuato così – senza scosse e senza sorprese – ancora per molto tempo, probabilmente per sempre. Ma la sera di Capodanno, ad una ingessatissima festa a casa di amici, tutto cambia. Lo scampanellio vivace quasi turba la rigidità degli ospiti: Sarah entra in casa come un ciclone. Rumorosa, scurrile, raggiante. È molto bella, nonostante sia malvestita e decisamente troppo truccata. Lei è come ipnotizzata. Il bicchiere di vino le sfugge di mano, disegnando una forma astratta sulla moquette color crema, il che manda la padrona di casa su tutte le furie. A cena, Sarah le è seduta a fianco. Le racconta di essere una violinista, di frequentare da qualche anno uno psicanalista, di amare moltissimo le passeggiate in montagna e i giochi di società. Il compagno bulgaro di Lei la definisce una tipa buffa. Secondo Lei, invece, Sarah è solo incredibilmente viva, fiera di essere sé stessa, incurante delle etichette. Il suo esatto opposto. Nei primi mesi del nuovo anno, Sarah le scrive; messaggi radi, all’inizio, poi sempre più frequenti. Decidono di vedersi: cinema, teatro, concerti. A pranzo insieme. Sarah non è mai pronta a scegliere cosa mangiare, perché scegliere, nella vita è un gran casino, per lei che vorrebbe sempre tutto e il contrario di tutto. Le due donne sono diventate amiche, forse un po’ troppo bruscamente, sotto l’occhio benevolo e divertito del compagno bulgaro. Lui non sospetta che se Lei dovesse scegliere con chi passare il suo tempo, preferirebbe di gran lunga la compagnia di Sarah...

Dall’amicizia all’amore è un soffio. Dall’amore all’ossessione, il passo è altrettanto breve per la protagonista senza nome di questo romanzo, opera prima della giovane scrittrice francese Pauline Delabroy-Allard, la quale nel 2018 è entrata con È la storia di Sarah nella cinquina dei finalisti del prestigioso Prix Goncourt. La critica letteraria francese si è entusiasmata all’unanimità di fronte alla scrittura sensuale dell’autrice, scrittura che nonostante la sua fisicità, riesce a mantenersi raffinata, elegante e a tratti poetica nel raccontare le gioie e i dolori di un amore vissuto in modo totalizzante. Composto di due parti, il romanzo descrive nella prima la fase dell’innamoramento: la sorpresa – per tutt’e due – di un amore dal sapore nuovo (entrambe le protagoniste sono alla prima esperienza con una donna), ricambiato; la vitalità di Sarah che crea uno squarcio insanabile nell’esistenza sonnolenta della sua amante, che vede finalmente interrompersi il suo lungo periodo di latenza dalla vita e dalle emozioni. A causa delle continue assenze di Sarah, quasi sempre via in tournée, il rapporto si fa difficile, estenuante: una continua corsa per saltare sopra treni e aerei, per poter passare insieme anche solo una notte. Ma mentre Lei sembra non sentire fatica, come un satellite che gira instancabilmente attorno all’orbita di Sarah, questa, da brava narcisista, non risparmia lamenti e recriminazioni, alternando in modo folle schiaffi e carezze. Ci provano, a lasciar perdere, ma senza riuscirci. Sarà il destino a dar loro una mano, nel modo più crudele e definitivo possibile: la malattia di Sarah non è una sorpresa, l’epilogo della relazione è chiaro fin dall’incipit, quando la donna viene mostrata esangue sopra il letto, con il suo “cranio di cera” e il suo “profilo di morta”. Quindi il ritmo impetuoso della prima fase si arresta bruscamente: tutto, da quel momento, diventa pacato, lento, perfettamente in linea con Lei, per la quale l’esistenza ormai non ha più nessun vigore. Succede, quando si pone la persona amata al centro dell’universo e si lascia che invada ogni nostro spazio vuoto; quando ci si annulla completamente nell’intento di renderla felice. La morte non cambia le cose, perché l’ossessione si nutre dell’assenza, e i fantasmi possono inseguirti fino in capo al mondo.