
Bosnia, aprile 1992. La vita di Aida e della sua famiglia non va oltre il piccolo villaggio in cui è nata e cresciuta. Ha sei anni come il suo migliore amico Mirko, e già parlano della guerra. Sta arrivando, e lo sanno anche loro. Aida e i suoi genitori vivono con i nonni paterni, perché Damir, suo padre, sta finendo di costruire la loro casa. Ma Damir non è con loro, è già fuggito con suo fratello Tarik. In casa con i nonni ci sono anche la zia Mejira, moglie di Tarik, e loro figlio Samir, di soli quattro anni. È una notte buia e fredda, quella in cui sono costretti a scappare, ma non c’è più tempo. Fatima raccoglie poche cose, con una mano tiene Aida, con l’altra si tiene la pancia per trasmettere protezione al bimbo che porta in grembo e insieme a Mejira, Samir e il suocero iniziano a correre nei boschi. Devono ricongiungersi con Damir oltre il confine. Dopo ore sfiancanti raggiungono l’autobus e con quello la città in cui rimarranno a casa di una cugina, fino a quando non troveranno un sistema per partire. Pochi giorni dopo trovano una soluzione, ma Mejira ha troppa paura per scappare, così Fatima e Aida si ritrovano da sole a intraprendere un viaggio incerto e scomodo. L’autobus è stracolmo e maleodorante. Ai primi posti di blocco gli uomini vengono fatti scendere e i ragazzini vengono strappati dalle braccia delle madri e il viaggio continua con una nuova tristezza, quella delle vite separate. Fatima e Aida avevano appuntamento con Damir a Ljubljana, ma senza accorgersene arrivano oltre e sono dirette a Sesana, al confine con l’Italia. Un nuovo sconforto ora vela lo sguardo di Fatima: non sa come avvisare il marito, non sa come dirgli che sono vive e che lo aspettano lì. Senonché, mentre sono nella cittadina di confine e aspettano per capire cosa fare, un uomo le riconosce: lo manda Damir, stava arrivando a prenderle e poi insieme avrebbero studiato un piano per superare il confine italiano...
Romanzo d'esordio di Alessandra Carati, E poi saremo salvi ha già conquistato lettori e critica, uniti nel dire che si tratta di una storia di una struggente bellezza. E difatti lo si ritrova selezionato nella dozzina del LXXVI Premio Strega. La storia è un romanzo di formazione e un’epopea familiare allo stesso tempo, ma per fortuna libera da quella certa pomposità letteraria che di solito accompagna questo genere: lo stile di scrittura è crudo e delicato allo stesso tempo, pone il lettore nel mezzo della storia senza filtri, così che possa percepire davvero ogni sensazione. Il ritmo della narrazione è serrato, tanto che il lettore si sente trascinato nella storia pagina dopo pagina. Il romanzo si apre con la fuga di Aida e la sua famiglia dalla guerra in Bosnia, nel 1992 e prosegue con l’arrivo in Italia e le conseguenti difficoltà di integrazione, accompagnate dalla preoccupazione per i familiari rimasti là. L’autrice ci guida durante tutti gli anni di crescita di Aida e assistiamo alla sua trasformazione e a quella della sua famiglia, al suo allontanamento progressivo dai genitori, ma anche a quel legame indissolubile con il fratello minore Ibro. Le tematiche affrontate dall’autrice sono tante, dalla guerra e la vita da profughi, alla malattia mentale, passando per i conflitti generazionali che, in questo caso, si mescolano a quelli culturali: Aida e Ibro sono diversi dai loro genitori, perché sono cresciuti in Italia e non hanno la nostalgia per la Bosnia che invece diventa totalizzante per i loro genitori. Ispiratosi a storie di veri profughi bosniaci, E poi saremo salvi ci mette faccia a faccia col dolore latente delle vite spezzate di chi è costretto ad abbandonare la propria terra, i propri affetti, la propria cultura per cercare un angolo di pace, un angolo di terra in cui sentirsi salvi.
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