
“E questo è niente!” è una frase che Giulio ama sentir dire dagli altri: significa che stanno arrivando delle sorprese. Giulio si nutre delle parole e dei discorsi altrui perché lo aiutano a elaborare la sua idea di mondo. E poi ci sono gli occhi attraverso i quali incamerare tutti gli elementi utili per cercare di capire tutto quello che meglio può comporre l’esistenza. L’esistenza e il mondo di Giulio. Lui che ama fare deduzioni e ragionamenti riuscendo a ricostruire anche le storie degli altri, oltre che la propria. Quella dei suoi nonni, dei suoi genitori e della gente che popola la via dove abita. Tutto quello che gli capita a tiro è importante e non se lo lascia sfuggire, è il suo modo di respirare la vita. Il solo modo possibile dal suo punto d’osservazione, quello che gli consente di intrattenersi con lo stare al mondo. Lui che pensa che “ogni giorno ha il suo interesse e magari il più bello va a finire che è uno di quelli dove non succede un bel niente”. I suoi occhi che un bel giorno smetteranno di guardare, come capita a tutti. “Del resto nessuno è obbligatorio e quando sarò io a non esserci più, qualcuno piangerà, perché si fa così, poi tutto tornerà come sempre. Solo, ci saranno due occhi in meno a guardare le cose della vita e questo mi dispiace, perché non è bello lasciare le faccende in sospeso.”. Ma chi è Giulio?
Se non do dettagli sulle circostanze della storia e caratteristiche del protagonista è perché non sarebbe giusto demolire la delicata impalcatura con la quale Michele Cecchini ci eleva e ci fa accedere gradatamente alla situazione che determina il racconto. L’incedere interlocutorio che connota i primi due capitoli è funzionale all’interesse e alla curiosità del lettore e non può essere svilito da una recensione, tanto più che l’autore deve averci lavorato – e si percepisce - parecchio. Parecchio e bene. Basti sapere che è caratterizzato da un linguaggio più che singolare che non consente di desistere dal proseguire la lettura. Dico solo che c’è un “io narrante” che ci rende partecipi dei suoi pensieri e che da una prima fase di curiosità si passa a una di osservazione per arrivare all’immedesimazione e approdare, sulla tre-quarti, a punte di semplice, naturale commozione. Niente di lacrimoso, al contrario, tutto giocato sui toni dell’innocenza e, a tratti, dell’ironia. Attimi struggenti che l’autore ha la delicatezza e la virile accortezza di alleggerire immediatamente, senza indugi. In un certo senso richiama lo spirito del finale dell’episodio cinematografico Che cosa sono le nuvole? di Pasolini (episodio inserito nel film Capriccio all’italiana, 1967, registi vari) nel quale le marionette che rappresentano Iago e Otello, interpretate rispettivamente da Totò e Ninetto Davoli, vengono dismesse e gettate in una discarica all’aperto. Vedono le nuvole per la prima volta e, pur senza capire cosa siano, si abbandonano alla “straziante, meravigliosa bellezza del Creato”. Non saprei come lodare oltre Michele Cecchini ma spero mi si perdoni l’autoreferenzialità: tra i tanti libri che vanno e vengono, E questo e niente non è “andato”. Gli ho trovato un posto nel mio scaffale. E questo è niente.