
I cugini Vardanega sono una coppia strana. Molti pensano che siano fratelli, in realtà Michele e Roberto sono cugini, quello di cui tutti sono convinti comunque è che si vogliano un gran bene. La verità è un po’ diversa. Crescere insieme li ha fatti diventare quasi simbiotici, uno ha bisogno dell’altro. Da fuori non si vede ma Michele che è quello più intelligente: dispone, suggerisce, pianifica e Robi si fida, non si pone proprio il problema del perché Michi decida qualcosa né se sia giusto o sbagliato. Lo ha anche spinto a fidanzarsi con Alessia, sorella della sua fidanzata e anche lì si è trovato bene. Si è fidato quando perso il lavoro, Michi ha detto no, non si esce dal paese neanche per un lavoro, equivarrebbe a dichiarare il proprio fallimento, si aspetta con fiducia vivendo con gli stipendi delle mogli ed eventualmente qualche lavoretto, che come dice la vox populi “fra noi ci si aiuta”. Si è fidato quando insieme qualche tempo prima hanno squarciato le gomme di un’auto e dopo ancora hanno tentato di dar fuoco alla casa dello stesso proprietario. Ed è proprio quello stesso uomo che devono minacciare quella sera, ragion per cui si sono fatti anche prestare una pistola (che ovviamente non sanno usare) dal povero Righetti detto Riga, l’unico vero delinquente della cittadina. Un paesotto in valle, attraversato dalla Provinciale che col suo lungo interminabile scorrere dei tir regala la sicurezza. Tanti tir infatti significano tanta merce che viaggia e tanta merce che viaggia vuol dire soldi. Ma il dilettantismo è sempre pericoloso e quello che doveva essere un avvertimento, diventa un omicidio…
Lontano dalla criminalità organizzata, con L’alligatore impegnato in altro – almeno questo ci ha anticipato lo scrittore presentando il romanzo online – e prendendo spunto da un fatto realmente accaduto come spesso fa, Carlotto entra nella miseria umana. Non quella di chi delinque per mangiare, ma della miseria di chi per soddisfare le proprie meschine ambizioni non esita a commettere reati, a intrallazzare, a commettere le peggiori nefandezze autoassolvendosi e quel che forse è peggio – soprattutto nelle piccole comunità – tacitamente assolto anche dai compaesani. Una realtà quella della cittadina di provincia, che da fuori non si percepisce. Apparentemente sono tutti pronti ad accogliere, soprattutto chi ha un notevole conto in banca – che è esattamente quello che ha Bruno Manera, vedovo immobiliarista, che ha avuto la sventura di innamorarsi di Federica Pesenti, più giovane di lui, bella e soprattutto figlia di uno dei cosiddetti maggiorenti della cittadina – ma nella realtà dei fatti chi non è del posto resta agli occhi dei paesani un corpo estraneo, un forestiero. Non è consolatorio Carlotto, come non lo sono in genere i romanzi noir, ma lui in qualche modo riesce ad andare oltre. Non solo non contempla un “lieto fine” ma da entomologo analizza raccontandoli i personaggi come fossero insetti velenosi, mostra come il loro veleno infetti gli altri, alcuni fino alla morte. Mette in luce spietatamente un certo tipo di gente, quella che chiusa fisicamente e soprattutto mentalmente nella provincia – “che non è tutta uguale”, sempre Carlotto dixit – cura solo il proprio orto e fa attenzione a che non venga danneggiato da qualcosa che viene dagli orti confinanti. Gente che confonde il denaro col potere, vite in cui gli unici sentimenti sono l’avidità e il desiderio di essere nella parte giusta della vita, qualunque cosa comporti l’arrivarci. Pronti a tutto pur di non dover ammettere i propri fallimenti. Non è rassicurante questo romanzo, anzi arriverei a definirlo disturbante. E ciononostante necessario.