
Siamo circa 10.000 anni nel futuro. Gli uomini hanno esplorato quasi tutto il “Braccio di Orione”, cioè la piccola porzione di Via Lattea che ospita il nostro sistema solare, che conta comunque milioni e milioni di stelle. Migliaia di pianeti sono stati visitati: la stragrande maggioranza sono risultati inabitabili, pochissimi invece avevano un’atmosfera respirabile, condizioni climatiche accettabili e ospitavano forme di vita vegetali e animali. Questi pianeti sono stati colonizzati, e su di essi le comunità umane hanno subito alterne vicende, sono fiorite o si sono estinte spesso nel più totale isolamento. Durante questa immane fase di esplorazione spaziale, solo una civiltà aliena è stata incontrata: quella degli Ashiyyur, i Muti, esseri antropomorfi telepatici di un livello tecnologico inferiore a quello umano che si sono integrati a malapena con i terrestri. Il sogno di incontrare altre civiltà aliene a mano a mano è andato spegnendosi, è diventato al massimo materia da talk show, ma un uomo ne ha fatto la sua ragione di vita: lo scienziato Somerset Tuttle. Per i colleghi “uno che ha sprecato la sua vita a caccia di sogni”, per il pubblico un pioniere che non vuole rinunciare alla speranza. Circa venticinque anni dopo la morte di Tuttle a 139 anni per un incidente di vela, il ricchissimo, fascinoso e spregiudicato antiquario Alex Benedict, specializzato in manufatti umani rinvenuti sui pianeti colonizzati, nota un annuncio su un sito di aste online corredato da foto raffiguranti una stele di pietra con incisi simboli che a una prima occhiata gli sembrano non appartenere a nessuna civiltà umana conosciuta. Una breve indagine rivela che la stele si trovava nel giardino della casa prima ancora che l'attuale proprietaria la acquistasse, e che il precedente inquilino era nientepopodimenoche... Somerset Tuttle. Benedict rompe gli indugi e invia sul posto la sua bella assistente Chase Kolpath per acquistare la stele, ma alcuni misteriosi individui l'hanno già portata via. Si tratta di un falso allarme o di un complotto che se smascherato può cambiare la storia dell'uomo?
Secondo romanzo della serie di Alex Benedict ad arrivare in Italia dopo Seeker (ma in realtà quinto uscito negli Usa), Echo è una clamorosa sorpresa. Prosa scintillante, idee originali a raffica, una ambientazione incredibile compensano alla grande la virtuale assenza di azione in 3/4 del romanzo. Il remoto futuro che disegna Jack McDevitt è un'utopia altoborghese: sul pianeta Rimway, base operativa di Benedict, si vive (tutti rigorosamente per circa un paio di secoli, e in buona salute) in quartieri residenziali immersi nel verde, ci si muove su automobili volanti veloci, ecologiche e silenziose, tutto è organizzato, razionale e pulito. I personaggi e i dialoghi sembrano usciti da un film di James Ivory, tutto è molto “parlato” e garbato, e il nitore della scrittura regala al lettore abituale di Fantascienza un'esperienza veramente insolita. Quanto al plot, il finale (volutamente - e raffinatamente - ambiguo riguardo alla “questione alieni”) è assolutamente a sorpresa: e una volta svelato il mistero, lo sguardo disperato della pilota spaziale Rachel prima del suicidio che ci aveva lasciato un po' interdetti a metà romanzo non potrà non tornarci alla mente, emozionarci e persino tormentarci per un bel po' di tempo dopo aver concluso la lettura.
Secondo romanzo della serie di Alex Benedict ad arrivare in Italia dopo Seeker (ma in realtà quinto uscito negli Usa), Echo è una clamorosa sorpresa. Prosa scintillante, idee originali a raffica, una ambientazione incredibile compensano alla grande la virtuale assenza di azione in 3/4 del romanzo. Il remoto futuro che disegna Jack McDevitt è un'utopia altoborghese: sul pianeta Rimway, base operativa di Benedict, si vive (tutti rigorosamente per circa un paio di secoli, e in buona salute) in quartieri residenziali immersi nel verde, ci si muove su automobili volanti veloci, ecologiche e silenziose, tutto è organizzato, razionale e pulito. I personaggi e i dialoghi sembrano usciti da un film di James Ivory, tutto è molto “parlato” e garbato, e il nitore della scrittura regala al lettore abituale di Fantascienza un'esperienza veramente insolita. Quanto al plot, il finale (volutamente - e raffinatamente - ambiguo riguardo alla “questione alieni”) è assolutamente a sorpresa: e una volta svelato il mistero, lo sguardo disperato della pilota spaziale Rachel prima del suicidio che ci aveva lasciato un po' interdetti a metà romanzo non potrà non tornarci alla mente, emozionarci e persino tormentarci per un bel po' di tempo dopo aver concluso la lettura.