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Elegie duinesi

Elegie duinesi

Accanto a quell’antica e nobile tradizione di pensiero che esorta l’uomo a fondersi con il presente e a trovare in esso il giusto posto, ce n’è un’altra non meno dignitosa e rispettabile che rileva al contrario l’inconciliabile incompatibilità tra il poeta e il mondo: “Certo è strano non abitare più sulla terra. / non più segui costumi appena appresi, / alle rose e alle altre cose che hanno in sé una promessa / non dar significanza di futuro umano”. La realtà è ambigua, metamorfica, priva di un senso comprensibile e capace di accendere un lume lungo un percorso che diviene sempre più oscuro e irreale. Nulla ormai appare in grado di contenere la deriva di una società irriconoscibile nella sua disumana fisionomia: “Qui tutto è distanza / e là era respiro. Dopo la prima patria / questa seconda gli è ibrida e ventosa”. L’unica alternativa possibile da adottare appare allora la creazione artistica, che ha luogo in prossimità della morte, quale ultima sensazione in grado di farci provare un ultimo scampolo di emozione: “Ma chi ci ha rigirati così / che qualsia quel che facciamo / è sempre come fossimo nell’atto di partire? Come / colui che sull’ultimo colle che gli prospetta per una / volta ancora / tutta la sua valle, si volta, si ferma, indugia / così viviamo per dir sempre addio”…

Elegie duinesi è ancora un bellissimo titolo. E viene voglia di aggiungere: anche a distanza di un secolo. Perché ormai siamo quasi alla celebrazione del centenario per la celeberrima raccolta di queste dieci elegie che venne pubblicata per la prima volta nel 1923, tre anni prima della scomparsa dell’autore. La stesura dell’intera opera richiese a Rilke, poeta boemo di lingua tedesca tra i più importanti del secolo scorso, nonché romanziere e drammaturgo, un arco di tempo di dieci anni. Le prima due elegie furono scritte e composte nel 1912 mentre soggiornava a Duino, altre condotte a termine o realizzate nel 1922. Ma tutte e dieci le liriche si rivelano legate da un filo conduttore comune, costituito dalla natura filosofica delle tematiche da cui esse traggono ispirazione. Tematiche che riconducono alla fragile inconsistenza che consegue alla ricerca di un senso credibile e comprensibile dell’esistenza umana; della impossibilità di stabilire una differenza sostanziale tra la vita e la morte, in quanto momenti dello stesso processo del divenire in un’irrilevante metamorfosi chiusa ad ogni luce di redenzione. Le elegie sono la trasposizione in versi di un addolorato lamento esistenziale da parte di un uomo che non ripone alcuna aspettativa né nella vita né nella metafisica dei sentimenti, che avverte come la bellezza dell'essere possa ormai essere sottratta alla consunzione del tempo tramite l'eternità dello spirito generata dalla creatività dell'arte. Qual è dunque oggi il valore di questo testo che mette in scena quel dissidio tra arte e vita che fu uno dei motivi fondamentali della cultura del suo tempo e del suo romanticismo antiborghese? L’uomo che guarda all’arte come alla sola dimensione in grado di aprire alla totalità dell’esistenza. A chi non lo avesse ancora fatto consigliamo dunque di leggerlo.