
“Sarebbe bello fare la vita del salice […], poter smuovere le acque senza farci trascinare, […] i salici che partecipano all’urgenza delle cose restando dove sono, […] che pensano solo ad aspettare una folata di vento, per baciarsi col dirimpettaio da una sponda all’altra”… E invece siamo uomini, con i nostri desideri, le nostre paure, le nostre emozioni. E non sappiamo rinunciare ai nostri sogni e anzi ci sembra che “incarniamo a volte, spesso, sempre, un resto di onde partite da lontano, uno spiraglio di desideri antichi, di volontà remote che non si arrendono, che ci indicano la rotta in silenzio”… Ma bisogna che non si tengano dentro, bisogna dirle le cose, le cose che sono, quelle che si sentono, perché “andrebbero dette, dette sempre, dette comunque, andrebbero detti i dolori per farsene meno paura […], le delusioni andrebbero dette perché in piena luce bruciano meno”… Oltre alle parole, conviene anche ricordarsi sempre una cosa ancora più importante, ovvero di fare tutti “come si fa per mare, come si fa in barca per stivare scorte, […] ricaviamo dentro di noi spazi vuoti per custodire emozioni in vista dell’inverno, […] scomparti in cui ammainare i sentimenti al primo presagio di tempesta […], e navighiamo così […] con una nuvola per bussola e la chimera per timone”…
“Ama impetuosamente / senti forsennatamente / non c’è altra vita”. Le parole in esergo di questo libro difficile da definire di Sergio Claudio Perroni – editor, traduttore, scrittore e molto altro – sono il compendio di quanto il lettore troverà tra le pagine che le seguono. La protagonista assoluta è infatti la vita, raccontata però attraverso le emozioni e i sentimenti. In circa 140 piccoli brani che sembrano brandelli di discorsi interiori, Perroni ci parla delle piccole cose che appartengono al sentire di tutti, dei piccoli eventi anche, dei sogni, delle suggestioni, delle nuvole, della luna, “variazioni sul tema della vita” come ci ha detto l’autore in una bella intervista, che diventano parole leggiadre capaci di arrivare al lettore con tocco delicato fino ad emozionarlo; ognuno troverà quelle che sentirà più sue. Per dirla con Sandro Veronesi che ha curato la postfazione, si tratta di rettangoli fatti di parole, di rettangoli di testo, di poesia che hanno però la resistenza della prosa. Il titolo riprende le prime parole di uno dei Madrigali, brani che ricorrono tra gli altri accompagnati di volta in volta da un altro piccolo titolo di completamento. I Madrigali sembrano dedicati ad una persona speciale, a quella che più di tutte le altre che compaiono qua e là tra le parole sembra avere un posto privilegiato, più vicino a chi scrive. Ed è questo Madrigale in particolare a contenere una delle conclusioni più disarmanti: “come un intruso cerco di scroccarti un po’ di sogno, per stare insieme anche lì, senza l’ingombro di quello che siamo”. Con le parole ci sa fare Perroni, sono il suo mondo, il suo pane quotidiano. E questo libro così fuori dai canoni comuni è una delle occasioni in cui lo dimostra al meglio.
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