
Un uomo, che è un figlio ma anche un padre e un marito, si aggira solitario per le strade della città per prendere la metropolitana. Ha smarrito le chiavi della sua auto, una vecchia Panda 4x4, e così si ritrova sprovvisto del consueto mezzo di spostamento a quattro ruote col quale usa recarsi a lavoro nella farmacia dove presta servizio, ricevendo in cambio uno stipendio che non lo rende ricco ma gli permette tutto sommato di campare. L’auto comprata è usata e, adesso che il fatto è accaduto, l’uomo si ritrova a pensare che non è mai una saggia decisione comprare un’auto di seconda mano perché raramente al cliente viene data una seconda chiave. Dalla concessionaria gli hanno riferito che ci vorrà un po’ di tempo e non pochi soldi affinché il tecnico raggiunga l’auto e risolva il problema. L’uomo ha così telefonato al titolare della farmacia, il dott. Rosati, e l’ha avvertito dell’inconveniente e del suo possibile ritardo, ricevendo in cambio comprensione e la connotazione “pirla”. Mentre cammina per strada si rende conto di non sapere come abbia fatto a smarrire la chiave. Forse è stata colpa della forte emicrania che l’ha catturato di notte, dovuta probabilmente al fatto di aver sognato il padre, Demetrio, morto un anno prima. Quella stessa mattina si è recato al cimitero per far vista a questi e poi è tornato a casa e ha mangiato una mozzarella di bufala pensando a sua moglie Carla e alle due figlie che sono in Liguria e lo attendono, anche se adesso, per via dell’attesa del tecnico, non potrà raggiungerle…
Eravamo bellissimi di Andrea Di Martino è un romanzo breve ma intenso che coniuga capacità narrativa e plasticità della parola, senza mai tralasciare la profondità della materia narrata. L’opera si pone come un flusso di coscienza impetuoso che travolge e fa perfettamente immedesimare il lettore nella psiche della voce narrante, sapientemente connotata nel linguaggio, nello stile e nei pensieri. Il leitmotiv della narrazione, lo smarrimento delle chiavi dell’auto e la conseguente impossibilità di utilizzare il mezzo, è solo il pretesto per condurre il lettore in un viaggio fluido e coinvolgente nella dimensione umana di oggi, attraverso lo smarrimento esistenziale, le paure, le fragilità e i vuoti che caratterizzano l’esistenza di ognuno di noi. Un uomo come tanti si ritrova da solo e inizia a fare i conti col proprio presente, col proprio passato e con la propria coscienza mediante un affastellarsi di ricordi e sensazioni, sentimenti e intuizioni che sono al contempo personalissimi ed estremamente universali, prestandosi così a più livelli di lettura e di interpretazione, secondo un percorso che va dal particolare al generale. Lo stile narrativo è diretto e immediato, preciso e credibile, non si perde in inutili virtuosismi ma si pone pienamente al servizio della narrazione e dei temi toccati. È, dunque, una parola servente che veicola il flusso di coscienza impetuoso della voce narrante senza infingimenti o rallentamenti, correndo veloce come solo i pensieri sanno fare. Un romanzo che merita, dunque, di essere letto per la credibilità della voce narrante e la precisione di ciò che viene raccontato, oltre che per l’universalità delle dinamiche umane descritte. Una storia capace di mettere su carta tutta la drammatica urgenza di una perlustrazione consapevole della propria coscienza.