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Fantasmi e guerrieri

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In Giappone la fascinazione verso le storie che hanno come protagonisti i fantasmi prende slancio in maniera inequivocabile tra il 1600 e il 1700. È l’epoca Edo (che ha come date storiche di nascita e declino il 1603 e il 1868), un periodo in cui il potere dei signori feudali, che da secoli si affianca a quello imperiale, riesce a mantenere la pace, condizione che porta a interagire con la morte in maniera meno traumatica. Le storie legate al soprannaturale, ai fantasmi, incuriosiscono e stimolano il racconto. La pace garantisce di potersi muovere attraverso il territorio in sicurezza, l’incontro e il confronto con altri permette la circolazione di queste storie. Si specializza la figura del cantastorie di professione che partecipe a feste, ricorrenze e eventi religiosi e i racconti che hanno come protagonisti i fantasmi sono i più apprezzati. Lo spunto arriva sia dalle leggende che dai fatti di cronaca e lo scopo non è semplicemente l’intrattenimento, ma un monito nei confronti di chi potrebbe compiere un delitto o un sopruso (gli shogun adoperavano metodi violenti per mantenere pace e potere). Nei racconti serpeggiavano in modo indiretto messaggi di contestazione attraverso la satira, così da non scomodare la censura e incorrere nella punizione. Queste storie nascono come rivalsa da parte degli oppressi, dei più deboli all’interno della società giapponese: mogli tradite, contadini sfruttati, servitori vessati. Ne è esempio la vicenda della giovane Okiku, che accende i desideri del nobile per cui lavora. Lei lo respinge e l’uomo per sottometterla l’accusa di furto, la perdonerà solo se lei accetta di concedersi, ma la ragazza si difende. L’uomo furioso la uccide gettandola in un pozzo, da cui lo spettro tornerà per vendicarsi (in questi anni è diventato celebre il film horror The Ring). Chi si trova in posizioni di potere non ha il diritto di usarlo per approfittarsi degli altri, la punizione è inevitabile anche per lui…

Giorgio Fabio Colombo ha conseguito la laurea in giurisprudenza nel 2003 e attualmente insegna come professore ordinario presso la Graduate School of Law di Nagoya. La sua profonda conoscenza delle tradizioni e dei costumi giapponesi è evidente in questo bel saggio che esplora la dicotomia tra diritto e giustizia nel sistema giuridico nipponico, fin dall’era Tokugawa. Il volume, nella prima parte, propone suggestive storie di fantasmi, anime tormentate dal rancore per i torti subiti e desiderose di vendetta. La seconda parte invece è incentrata sui guerrieri, i celebri samurai e i loro vincoli d’onore nei confronti del loro signore. Durante il periodo Edo le regole da seguire erano molto severe e la trasgressione poteva comportare la pena capitale, persino nel presentare una petizione nel modo sbagliato. Le punizioni erano inflitte all’intera famiglia del malcapitato, secondo i livelli di parentela (moglie e figli, ma se ad esempio una figlia si era sposata, era considerata membro della famiglia del marito e non del padre, di conseguenza scampava alla morte). Le procedure complesse non erano sempre note a tutti, in particolare alla popolazione comune, quindi incorrere nell’errore non era insolito. Il linguaggio del saggio, per quanto gli argomenti trattati siano impegnativi, non è accademico e la lettura scorre senza difficoltà. Colombo ha infatti la capacità di raccontare con chiarezza gli aneddoti utili a descrivere una data norma. L’approccio giuridico è lo stesso utilizzato dall’autore in L’avvocato di Madama Butterfly, in cui analizza l’opera e le relazioni tra i protagonisti alla luce del diritto internazionale e delle sue implicazioni. Il volume dedicato al Giappone si inserisce nel progetto editoriale della casa editrice Le Lucerne, fondata nel 2020 per promuovere la cultura e la storia del Diritto e renderla accessibile a tutti i lettori interessati.