
Trentatre fiabe brevi per adulti. I protagonisti sono vari, sia umani che animali. Troviamo infatti, gli uni accanto agli altri, bambini e formiche, re e pescatori, giovani e vecchi, gatti e giganti, elefanti, inventori, tartarughe e unicorni, sassofonisti e rane. Per esempio un pover’uomo che, dopo sei giorni di intenso lavoro, la domenica si rilassa suonando la fisarmonica: “Un giorno, mentre suonava, vide degli uomini muscolosi che danzavano con atteggiamenti ambigui. - Ma quelli sono i ricchioni maligni! Sono loro che mandano in rovina il nostro paese e lo fanno spopolare!”. I danzatori vengono poi rinchiusi, con l’inganno, dentro una grotta ma, infine, un ricco li libera ed essi a lui si accodano facendogli scoprire “l’orgasmo anale”... Oppure un giovane innamorato di una graziosa pastorella, che però lo rifiuta perché lui non ha un mestiere. Il ragazzo allora si industria e impara “a fare i cappellini di lana per i fricchettoni” (testuale). Ma, prima che l’amata possa sapere che ha imparato un mestiere, il giovane viene rapito dai briganti e cerca di cavarsela facendo loro una proposta: “Vi creerò un cappello di lana da fricchettone così bello che potrete andare a venderlo alla moglie del principe...”. Naturalmente la storia finisce male...
La presentazione editoriale del libro avverte: “Fatine, puledri e re è una raccolta di fiabe, favole e novelle per adulti che ricalcano e omaggiano alcuni dei racconti più conosciuti e narrati sin dall’inizio dei tempi. Dalle remote fiabe orientali, alla novellistica antica e medievale; dalle favole dei fratelli Grimm ai racconti di Oscar Wilde l’autore attinge con agilità e sagacia dai capisaldi della narrativa a scopo didattico, rinnovandone i contenuti [...] e utilizzando un linguaggio variopinto, che accosta forme paradossalmente auliche e desuete a espressioni volgari, spesso scurrili”. Purtroppo, però, ciò che rimane al lettore fiducioso nelle presentazioni editoriali e nell’attendibilità delle quarte di copertina, è soltanto un senso di fastidio per una comicità che al massimo può eguagliare quella che i ragazzini di scuola media immaginano di creare con battute, fumetti e scarabocchi sulle pareti dei gabinetti, mentre l’attesa della ri-creazione dei temi e personaggi delle favole (animali) e delle fiabe (personaggi reali o fantastici) classiche è profondamente delusa, così come l’eventuale speranza di trovare testi che propongano situazioni comiche oppure elementi erotici (perché, naturalmente, qualche parolaccia sparsa qua e là non fa l’erotismo, anzi). Traspaiono poi in alcuni punti una velata misoginia (e questo è forse l’unico elemento di similitudine con certe fiabe classiche) e un’esplicita omofobia, come si è visto sopra. Anche la crudeltà appare più come un’accozzaglia di azioni cruente che come una tragedia del tipo che si può trovare in alcune fiabe classiche. Che dire d’altro? Solo che questo libro, più lo rileggi più si rivela essere un’occasione mancata (forse).