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Feríta – Giovanna D’Arco, anno 1971

Feríta – Giovanna D’Arco, anno 1971

Parigi, 1971. Irene esce di casa, la porta sbatte e il rumore dei tacchi rimbomba per le scale. È già fuori, va di corsa, non vuole fare tardi all’audizione. Georges, il suo compagno, la guarda dalla finestra. Lei sembra avere fretta, controlla nervosamente l’orologio, si ferma davanti ad una vetrina, esita, poi entra. Dopo due minuti, esce. Georges esterrefatto la guarda, più bella, più donna, cammina fiera in minigonna. Ha deciso di presentarsi all’audizione di Radio D’Artagnan, poi tornerà a casa e si darà malata. Georges e Irene si frequentano già da qualche mese, ma non si conoscono ancora bene. Fanno l’amore con passione, ma lui non sa niente di lei, che cosa fa, che pensa o in che cosa creda. Nell’appartamento che condividono il letto è sfatto e libri sono sparsi sui comodini. Da un blocco cade a terra una cartolina, è Cannes un mare azzurro una bella spiaggia con scritto: “Il linguaggio delle immagini parla prima dell’uomo”. L’ha spedita lui ad Irene una settimana dopo averla conosciuta. Possibile che lei pensi ancora alla primavera del ’68, con lacrimogeni, slogan, cortei e sassaiole? Irene allora era davvero appassionata e con la sua voce conquistava tutti. Ormai sono passati tre anni da quei frenetici giorni. Oggi che ne è rimasto di quella solidarietà? Zucchero e sigari cubani, biscotti jugoslavi sparpagliati a terra nella stanza, ecco che rimane. Il Vietnam si risolve con un volantino che invita a portare alle Halles un piumino o una coperta per aiutare un bambino. Georges si ributta a letto, sotto le coperte, e si lascia andare al flusso dei pensieri: identità, verità, conoscenza, illusioni, realtà. Scrivere, forse, un racconto per narrare la propria realtà doppia...

Sergej Roić è uno scrittore svizzero di origini croate/jugoslave. Feríta. Giovanna d’Arco, anno 1971 è un romanzo che riscrive la Storia, inventa un universo immaginario del mondo occidentale moderno. Dal ’68 francese al sovvertimento degli equilibri russo americani, per arrivare al dissacrante regista sovietico Martin Aleksandrovic Belogradski. Diversi sono i piani narrativi e non sempre immediati da seguire. L’autore mischia costantemente e volutamente realtà e finzione, disorientando chi non ha dimestichezza con i romanzi ucronici. Anche i personaggi - Georges, Irene e lo stesso regista Belogradski - vivono sdoppiamenti di pensieri, umori e sensazioni. Parallelamente alla stesura del film corrono i pensieri del filosofo Eric Ferita, ispiratori della sesta Repubblica francese e del generale Roche. È da tempo che Sergej Roić desiderava scrivere sul Sessantotto francese e di cosa ha rappresentato. Con Feríta ha provato ad immaginare cosa sarebbe potuto accadere se quegli eventi fossero andati diversamente, se gli studenti avessero vinto. Lo fa raccontando il tutto attraverso un elemento di fantasia che è al centro della narrazione, ovvero un film. Il regista sovietico un po’ anarchico Martin Aleksandrovic Belogradski ha come figura di riferimento nella realtà il grande regista Andrej Tarkovskij. Il sottotitolo del romanzo Giovanna d’Arco 1971 è quello di una sceneggiatura che avrebbe voluto trasformare in un film e della quale accenna nel libro autobiografico Martirologio. Il protagonista di Feríta è in parte ispirato al filosofo decostruzionista francese Jacques Derrida. Nel romanzo l’autore ha provato a trasportare il ragionamento di Deridda sul linguaggio dell’immagine e sull’influenza che avrebbe avuto sul movimento rivoluzionario. Le domande poste da questo libro sono tante. Quanto possiamo fidarci della storia che ci viene tramandata? Di quali narrazioni abbiamo la certezza che siano un resoconto veritiero e imparziale dell’accaduto e non una propaganda di parte atta a giustificare o legittimare determinati comportamenti o fatti? Va da sé che bisogna avere un approccio critico verso le fonti. Il linguaggio e la narrazione sono importanti, danno potere e andrebbero adoperati nel modo più efficace, però, senza affaticare troppo il lettore.