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Ferite a morte dieci anni dopo

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Il concetto di casa è rappresentato da una bifamiliare vicino alla spiaggia. Sul tavolo della veranda una tovaglia cerata blu con il mare e i pescetti. Lì sopra è bellissimo pure farci i compiti. È l’idea di casa, di famiglia, da ripetere e perpetrare anche quando i genitori non ci sono più e al loro posto c’è Piero. La tovaglia blu lei l’ha cercata e l’ha pure trovata. Non proprio uguale, ma comunque con pesci, conchiglie e anche onde e cavalloni. Forse quest’ultimo è un piccolo segno negativo, ma lei non gli dà importanza. E poi Piero è così educato. Già, educato, invece aveva una tempesta dentro. Ed è esplosa durante la pandemia o, meglio, è peggiorata. Lei i lividi li porta già da prima del Covid... Nel posto dove si trovano le trapassate, le donne sono tutte insieme, di qualsiasi etnia, colore, città fossero da vive. Tutte vittime dell’onore, come dichiara Carmela. Lei è di Caltanissetta, ma fosse stata anche di Tabriz, in Iran, come la sua amica, sarebbe stato lo stesso! Una uccisa con la lupara, l’altra lapidata: entrambe adultere. Ma a Totò, il marito di Carmela, hanno dato solo 5 anni, perché la legge dà una mano ai mariti disonorati. E ora Totò è di nuovo sposato e gonfia di botte anche la nuova moglie... Juàrez è una cittadina messicana a pochi passi dal confine con gli Stati Uniti dove ci sono sempre meno donne e sempre più croci di legno dipinte di rosa, una per ogni donna scomparsa. Non se ne conosce la cifra precisa, perché molte sono sepolte in qualche parte nel deserto, o qualcuno le ha dissolte nell’acido. La cittadina è ridente, ma qui la vita di una donna povera vale meno di un chilo di patate...

Ferite a morte si aggiorna. Serena Dandini, con la collaborazione di Maura Misiti, ha aggiornato i testi del suo libro, soprattutto per quanto riguarda i numeri anche attraverso una realtà sicuramente non facile, come possono essere state le convivenze forzate durante i lockdown per la pandemia di Covid-19. Sono passati dieci anni dalla prima edizione, ma la realtà è cambiata di poco, nonostante la maggiore attenzione da parte dello Stato italiano (e non solo) nei confronti delle donne, supportate da strutture e leggi. Il problema è che ancora non si riesce a proteggerle fino in fondo, queste donne, il problema è che il numero di femminicidi nel mondo è costante (tra alti e bassi). Non solo non si fanno passi avanti nel punire i partner violenti - a cui le donne devono per forza sottostare fino a rimetterci la vita perché non tutelate - ma non se ne fanno nemmeno sulle disparità di trattamento, anche economico, nel mondo del lavoro; non se ne fanno in termini di cultura all’interno delle famiglie, soprattutto nei Paesi meno avanzati; non se ne fanno in quegli Stati che preferiscono uccidere le figlie femmine piuttosto che dover pagare i costi di mantenimento, corredo, dote. Insomma, sono passati dieci anni da quella prima edizione di Ferite a morte e nonostante il grande successo di questi testi portati anche a teatro non è cambiato quasi niente. Se Serena Dandini ci aveva convinto con il suo piglio immediato anche nello scrivere che parlarne era importante, che sapere era importante, gli scarsi risultati ci mettono addosso una grande tristezza. Ma è sempre meglio sapere che no; è sempre meglio ripetere che no; è sempre meglio stupirsi, nel bene e nel male e farsi prendere da quella sana voglia di cambiare le cose: questa volta sì!