
Il taxi si ferma davanti ai cancelli del carcere, ma la donna seduta sul sedile posteriore non apre la portiera e pare esitare. Non vuole muoversi verso quella realtà a cui avrebbe già dovuto dire addio da parecchio tempo, perché non è più ciò che gli altri si ostinano ancora a vedere in lei. Non ha ancora sessant’anni, ma il suo corpo scricchiola al pari di quello di un’ottantenne e la sua anima sembra quella di una centenaria. Quando infine l’ispettore Massimo Marini apre la portiera e invita il commissario Teresa Battaglia a scendere dall’abitacolo, la donna prende il suo bastone da passeggio ed esce dall’auto, pensando che l’ultima volta che ha visto Marini risale a due settimane prima, quando i due hanno rischiato di morire insieme. Non sono infatti ancora trascorsi venti giorni dalla conclusione del caso della “Ninfa dormiente” ed entrambi ne portano le conseguenze ancora addosso: infiammazione del nervo sciatico per lei, ustioni ed ecchimosi per lui. E ora questa convocazione strana da parte del questore, quando in realtà Teresa dovrebbe essere a casa sua, in malattia. È Marini a spiegarle il motivo per cui è stata richiamata in servizio: un pluriomicida reo confesso ha chiesto espressamente di parlare con lei e lei soltanto. Il questore Albert Lona non ha potuto fare altro che prenderne atto e convocarla. Quando la donna raggiunge Lona è accaldata e ha il fiato corto. I suoi muscoli tremano per lo sforzo e Teresa capisce che non potrà più tornare al lavoro, anche perché la malattia di cui non ha ancora avuto il coraggio di parlare con Marini avanza inesorabilmente e, entro breve, non le darà più scampo. Ora, però, c’è da occuparsi del pluriomicida che ha chiesto di lei. E non si tratta di una nuova conoscenza, bensì di Giacomo Mainardi, spietato killer che Teresa è riuscita a catturare ventisette anni prima. Ora saranno nuovamente uno di fronte all’altro e il commissario Battaglia ascolterà la sua storia, quella che lui racconterà e, soprattutto, quella che non vorrà raccontare…
Quarta avventura per il commissario Teresa Battaglia chiamata ad affrontare, questa volta, un viaggio a ritroso che la conduce alla se stessa di ventisette anni prima – quando muoveva i primi passi dal punto di vista lavorativo in una realtà tutta da conquistare ed era impegnata a combattere, allo stesso tempo, feroci demoni privati – e alle porte degli inferi. Teresa è invecchiata e segnata da condizioni di salute che paiono non lasciare scampo, mentre la decisione di lasciare il proprio posto di lavoro sembra ormai l’unica strada percorribile. Il cammino di Teresa lungo il percorso della vita è stato tortuoso e difficile e le sue cicatrici, profonde e dolorose, hanno lasciato segni indelebili nel cuore e nel ventre, un ventre cavo che ancora grida la sua disperazione. La sofferenza, però, è stata anche un’arma potente tra le sue mani, un’arma che le ha offerto la capacità di comprendere le storie degli altri, anche le più malvagie, di sentirle dentro sé e in qualche modo accettarle, consapevole del fatto che spesso dietro il mostro più sanguinario si nasconde un dolore che scuote dal profondo e fa male. La convinzione profonda che anche il carnefice più spietato chieda in realtà un’ancora cui aggrapparsi per raggiungere riva e trovare salvezza muove la sua mente anche durante questa vicenda, in cui è chiamata a rievocare i fantasmi del passato – dalla nebbia della dimenticanza generata da una malattia subdola che non dà tregua –, a riallinearli nella sua vita e a dare un senso ai vuoti che hanno accompagnato il suo percorso e quello del serial killer che la conosce bene e da così tanto tempo. Con una narrazione che si muove a scatti avanti e indietro lungo un’immaginaria linea temporale, fatta degli stessi frammenti che compongono la mente del commissario Battaglia, Ilaria Tuti – autrice di Gemona del Friuli, in provincia di Udine, capace di raggiungere una posizione di prestigio nella narrativa italiana fin dal suo romanzo d’esordio, Fiori sopra l’inferno, datato 2018 – fa dono al lettore di una storia grondante crudeltà e compassione, menzogna e lealtà, dipendenza e forza. E, su tutto, l’autrice sottolinea attraverso un racconto duro, avvincente e bellissimo l’importanza della memoria, il cui valore “affiora dal buio in cui è immersa” e, sola, sa condurre alla luce e alla verità.