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Filosofia della scienza: parole chiave

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Voce “pseudoscienza”: discipline o teorie che si presentano come scientifiche ma che non lo sono affatto, come l’astrologia, il creazionismo e - non è scontato - l’omeopatia. Quest’ultima, formulata nei suoi principi da Samuel Hahnemann nella prima metà del XIX secolo, promette di curare alcune malattie con dosi fortemente diluite di molecole trattate secondo determinati procedimenti. Si contorna del gergo e delle metodiche della medicina (ed è somministrata da medici e farmacisti) ma no, non è una scienza. Allora, cos’è scienza? Nella definizione, in progress, degli epistemologi, è “un’impresa sistematica che ha lo scopo di conoscere il mondo che ci circonda spiegandone e prevedendone i fenomeni”. In altre parole, e affini significati, è anche “il tentativo di applicare metodi particolari allo studio del mondo”… Voce “scoperta e giustificazione”: è la contrapposizione tra l’ideazione di una nuova ipotesi e la sua conferma, tramite previsioni, controlli, valutazioni. Nel 1928 Fleming scoprì la penicillina, esaminando l’azione di una muffa su una coltura di batteri (non è uno spoiler: la muffa debellava i malefici batteri). Si trattò di una scoperta casuale, ma non addebitabile solo a fortuna: l’esperienza e l’intuito dello scienziato ebbe un ruolo decisivo nel notare il fenomeno, procedere agli esperimenti per validarlo, dunque giustificarlo… Voce “femminismi”: le filosofie femministe hanno introdotto nuovi temi nel dibattito scientifico, mostrando i pregiudizi androcentrici, basati sulla logica e sulle funzioni maschili, e smontando il concetto di conoscenza scientifica come “universalista e oggettivista”. E sì, la discussione epistemologica e le pratiche si sono assai complicate, ma tanti privilegi si sono (o stanno per essere) dissolti e la realtà è diventata persino più reale…

Altre “voci” sondano la probabilità, gli esperimenti, l’induzione, i valori, in quello che sembra l’estratto di un dizionario enciclopedico. Si tratta, in realtà, di un saggio che, del modello del vocabolario, ha solo la possibilità di poter essere consultato liberamente. Voce dopo voce, secondo la propria sensibilità e curiosità. A fine lettura, se ne comprende il significato: un’introduzione alla comprensione dei temi più attuali del dibattito filosofico sulla scienza. L’unione, lo specchiarsi, delle due discipline è il percorso che da troppi decenni è stato rimandato, fino a questi tempi così complessi e vorticosi, fino al presente che necessita di chiarezza, fondata, appunto, sul metodo scientifico. Gli autori, Maria Cristina Amoretti e Davide Serpico, sono filosofi impegnati nella pratica (e nella docenza) di tale disciplina. Qualcuno, più di qualcuno, in questo Paese dall’accademia stantia, direbbe che sono “giovani filosofi”. Chi altri, però, se non gli under 50 può contribuire a portare l’approccio umanistico e sociale nel mondo reale? C’è una strada da battere fra i tentativi di fare pratica filosofica divulgativa su TikTok o su Instagram e l’austerità poco democratica delle cattedre universitarie italiane. Ed è calarsi nell’attuale, conoscere e far conoscere gli approcci più innovativi, fare ricerca non solo nei tomi degli archivi alla ricerca del frammento inedito risalente ad altre ere. Lo sguardo filosofico presentato da Amoretti e Serpico si posa su quanto accade nei laboratori scientifici e nella società che si trasforma con il digitale, il post umano; è comprensivo e inclusivo ma non stenta a escludere saperi - pseudosaperi - dannosi; considera la scienza “cosa di questo mondo”, intrisa di valori etici, politici, di genere, economici.