
Vola in mezzo ai corvi Wilma, fantasma inquieto che non ha riposo. Vola dove l’hanno ammazzata insieme a Simon. Era un limpido giorno di ottobre. Lei aveva diciassette anni, lui quasi diciannove. Wilma ricorda il buco che avevano aperto segando il ghiaccio che sigillava il lago di Vittangijärvi, lo schiaffo dell’acqua gelida quando si erano immersi, l’emozione di scoprire che quello che stavano cercando era lì, adagiato sul fondo coperto di fango. Poi qualcuno aveva ostruito il foro con una porta di legno e ci era salito sopra per tenerla ferma. Wilma aveva spinto, raspato, lottato. Alla fine era scivolata nel buio. Il suo corpo – solamente il suo – viene ritrovato ad aprile in un fiume. Quella stessa notte Wilma appare al procuratore di Kiruna, Rebecka Martinsson, per dirle che non è lì che è morta, e che non è stato per caso. E Rebecka, che crede nei sogni, mentre indaga con l’ispettrice Anna-Maria Mella comincia a chiedersi se sia stato davvero un incidente subacqueo. Tanti particolari non quadrano, a cominciare dall’ostilità dei fratelli Tore e Hjalmar Krekula, parenti di Wilma, che non tardano a confermare la loro fama di autentici farabutti. L’omertà tenta di soffocare la verità e nell’aria si sente covare una rabbiosa violenza germinata da vecchi torti e nere infamie. Poi uno strambo nudista, forse l’ultimo ad aver visto Wilma e Simon prima che scomparissero, viene messo a tacere per sempre con una legnata che gli fracassa il cranio. Allora non c’è più dubbio che i due ragazzi siano stati assassinati e che qualcuno nasconda un segreto. È una storiaccia vergognosa che risale alla seconda guerra mondiale, quando nella democratica e civilissima Svezia c’era chi simpatizzava per il Reich e si arricchiva denunciando i partigiani...
Due donne che hanno in comune il trauma mal superato di aver dovuto uccidere per legittima difesa conducono la loro inchiesta sotto lo sguardo ultraterreno della giovanissima vittima, uno spirito gentile come la Susie Salmon di Amabili resti, che vaga fra i luoghi e le persone che ha amato, incapace di staccarsene, col rimpianto per la sua vita non vissuta. Anche in questo episodio della serie poliziesca che ha per protagonista il procuratore Martinsson a dirigere il gioco è la coppia al femminile formata da Rebecka e Anna-Maria. Diverse ma complementari, entrambe forti e fragili nello stesso tempo, entrambe in perfetta simbiosi con quell’angolo remoto della geografia svedese dove d’estate brilla il sole di mezzanotte e d’inverno risplende l’aurora boreale. Åsa Larsson si sofferma quel tanto che è necessario sul fatto criminale, poi si volge altrove. Sul concatenarsi dei peccati di ieri che ha provocato i delitti di oggi, sul groviglio di cattiverie e paure che non ha distrutto solo l’esistenza dei due innamorati affogati nel Vittangijärvi. Nel giallo svedese c’è un interesse sociale molto sentito (vedi, fra i tanti, Stieg Larsson e Henning Mankell) e Åsa Larsson non smentisce la neo-scuola. In Finché sarà passata la tua ira (che prende il titolo da un versetto biblico di Giobbe) emerge un piccolo brutto mondo che se stava acquattato nei ricordi di famiglia, riaffiorano lugubri ombre naziste. Ma non basta la malvagità a oscurare il senso di serenità che, per chi lo sa e lo vuole cogliere, spira dalla natura e si avverte nelle piccole cose: l’inverno che infarina e rende croccante ogni ramo del bosco, il silenzio irreale che rimbomba dalle orecchie fino al cuore, l’orso che ti fissa negli occhi per pochi interminabili secondi e quando aspetti la zampata fatale si volta e se ne va. Il profumo di dolci alla cannella appena sfornati, i cani intelligenti e festosi che slurpano il viso dei loro padroni e si leccano via anche la tristezza. Gli uccelli gracchianti che accompagnano l’errare di Wilma fino a quando trova la sua strada per l’aldilà. E il canto felice del colpevole, che in carcere ha finalmente conosciuto la pace. Sì, il mondo può essere davvero brutto. Per fortuna non è senza speranza.