Salta al contenuto principale

Fratture da comporre

Fratture da comporre
Approdato in quella terra gonfia di anni e di immagini ormai corrose, senza più la prospettiva di un orizzonte aperto il poeta appare come un naufrago artigliato al ricordo di remote passioni, un vagabondo piegato al ritmo lento e disperato della vita che sfugge, un orfano della virilità muscolare, un prigioniero rinchiuso tra le lusinghe della malinconia, un pellegrino smarrito tra le rovine di una stagione di cui porta tutti i segni di crisi e di sofferenza. Nella luce obliqua della vecchiaia, tra uno scatto di rabbia e la piega amara di un sorriso, risalta con atroce chiarezza la riproposizione mai pietosa e indulgente di fenomeni irrecuperabili. Mentre uno sguardo immobile contempla indifeso l’addensarsi di una immensa tenebra, che reca lo sconcerto di una solitudine fredda e ancora sprovvista di qualunque certezza...
Antonio Spagnuolo, nato a Napoli nel 1931, ha iniziato a scrivere piuttosto presto, nei primi anni Cinquanta. La sua attività poetica, scandita da innumerevoli pubblicazioni, ha beneficiato negli anni di frequenti e autorevoli riscontri di critica, tra cui la preziosa segnalazione di Alberto Asor Rosa nel Dizionario della letteratura italiana del novecento. In quest’ultima raccolta, il suo linguaggio poetico sembra provare un ultimo, disperato tentativo di ricomporre gli aspetti acuminati di un percorso esistenziale. E perciò si connota delle fratture che l’itinerario comporta tra le asperità delle condizioni e la tenerezza del desiderio. Ancora una volta il poeta partenopeo riporta la lingua a strumentalità primarie, mondandola da qualsiasi fraseologia lirica, per cercare di catturare improbabili significati di eventi incompiuti o di scelte mancate che rimbalzano dal caos degli anni. Tentativo di ambizioso e disperato coraggio, che si appoggia primariamente sulla forza restituiva della memoria, e sui tratti aspri di una poesia che forse non è più alternativa al peggio.