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Londra 2016. Louise Williams ha quarant’anni ed è la madre single di un bambino di quattro, Henry. Da due anni ha divorziato da Sam, che l’ha lasciata per una donna più giovane e da poco ha anche avuto una bambina da lei. Il loro rapporto è più o meno sereno, ma si limita agli incontri necessari per lasciare il bambino quando trascorre del tempo con suo padre. In realtà, è Louise che cerca di mantenere le distanze, consapevole di essere ancora troppo legata al suo ex, un legame rafforzato da una conoscenza che risale ai tempi della scuola e dal fatto che lui sa tutto di lei fin da allora. Ci ha messo tempo e sofferenza per accettare la fine del loro matrimonio e non ha intenzione di rischiare qualche momento di debolezza che possa riportarla al punto di partenza. Tutto sommato cerca di andare avanti, soprattutto per amore del suo piccolo Henry che adora, continua a vivere nella bella casa borghese che divideva con Sam, lavora come designer d’interni freelance e si sta facendo un nome nel campo; ha anche una buona amica, Polly, che se necessario le fa da babysitter. A volte, poi, Louise passa un po’ di tempo su Facebook a curiosare nelle vite di ex amici, ex colleghi e conoscenti; lei non posta quasi nulla, si limita a scorrere le pagine altrui, sbirciando le foto che mostrano vite brillanti e impegnatissime. Un giorno le arriva una richiesta di amicizia da parte di Maria Weston e a Louise sembra di essere risucchiata indietro nel tempo, in un incubo che non ha mai smesso di angosciarla da quando era soltanto una ragazzina. Maria la conosce, certo che sì, era una sua compagna di scuola a Norwich. Si era trasferita da un’altra scuola e anche da un’altra città e a Louise non dispiaceva. Le sarebbe stata amica volentieri ma era un momento difficile anche per lei, con la storia di Sophie e le altre, poi c’era la cosa di Sam e del suo amico Matt, le feste, e insomma Louise aveva dovuto fare una scelta e si era allontanata da Maria. Non erano stati affatto gentili con quella ragazza, fino a quella terribile festa da ballo di fine anno, durante la quale erano successe diverse cose, alcune molto brutte. Ricordi che investono la donna come un fiume in piena, travolgendo tutte le barriere costruite in una vita per arginarvi dietro tutte le angosce, e all’improvviso Louise è di nuovo una ragazzina di sedici anni spaventata, insicura e bisognosa di essere accettata e approvata dai coetanei. Mentre i pensieri si fanno sempre più opprimenti ecco una nuova notifica di Facebook, stavolta un invito ad una rimpatriata della Sharne Bay High School, classe 1989. Cosa significa questa strana coincidenza tra l’invito e la richiesta di amicizia da parte di Maria Weston? Chi ha organizzato questo evento? Ma è un’altra la domanda che angoscia davvero Louise. Chi le ha inviato quella richiesta, dal momento che Maria Weston è scomparsa, e probabilmente morta, oltre venticinque anni prima?

L’inglese Laura Marshall è oggi autrice di best seller ma per vent’anni si è dedicata a tutt’altro; dopo essersi iscritta ad un corso di scrittura pubblica quindi questo romanzo, il suo esordio, che per molto tempo resta ai vertici delle classifiche nel Regno Unito dove vende mezzo milione di copie, poi viene venduto in ventiquattro Paesi nel mondo e ottiene lo stesso successo. Questo thriller psicologico coinvolgente e ricco di suspense si svolge lungo due linee temporali che si alternano nei capitoli e ricostruiscono, pezzo dopo pezzo, la vicenda che dà origine a tutto e che dopo molti anni torna a tormentare, ma anche a minacciare, la protagonista, una donna irrisolta, insicura, angustiata dal passato, dai sensi di colpa, da un senso di inadeguatezza e quindi dal bisogno quasi patologico di essere accettata. In pratica, Louise non si è mai evoluta dall’adolescente che era e si è portata dietro tutti i problemi di quella età delicata; il fatto di aver avuto un compagno di vita che le ha offerto una sicurezza complice – e non certo in maniera disinteressata, come lei ha sempre voluto credere – è stato ciò che, apparentemente, le ha dato forza. Poiché questo è venuto meno, lei si ritrova totalmente esposta e in balia in primo luogo delle sue angosce e poi di una vendetta tardiva ma spietata, di cui, per altro, è in grado di cogliere ogni sfumatura e persino di comprenderla, quando la storia sembra prendere una certa piega. Eppure, come in ogni buon thriller, le cose non sono mai come sembrano, soprattutto a chi si rifiuta di vederle, perché soggiogato da una subordinazione psicologica che ha varie sfumature. È una situazione frequente nell’adolescenza, per esempio, e quindi ci sarà chi troverà qualcosa di familiare nel passato della protagonista, compresi quegli atteggiamenti, a volte terribili e pericolosi, che oggi definiamo bullismo. Ma esiste anche uno stato di sudditanza psicologica che è alla base di altri rapporti insani, compresi quelli di coppia o quelli che sfociano in forme di fobia sociale. Se si aggiunge la cornice della storia, che è anche il luogo virtuale dove tutto qui comincia, ecco che questo diventa un buon thriller adatto alla nostra epoca, nella quale hanno un ruolo, più o meno invadente, i social e la scelta che facciamo di condividere informazioni personali, a volte in maniera poco opportuna se non addirittura rischiosa. Ed è così che il lettore, frequentatore del virtuale, si ritrova a pensare che, se non proprio la richiesta da parte di un vecchio amico passato a miglior vita da tempo, in effetti qualcosa di “strano” può sempre capitare da quelle parti. Soprattutto se, come nel caso di Louise, si hanno segreti che dovrebbero rimanere nel passato. Il lettore, insomma, si può sentire particolarmente coinvolto e, spinto dalla curiosità di svelare il mistero che spaventa tanto la protagonista, si ritrova e girare velocemente le pagine. Cosa chiedere di più ad un buon thriller, senza che si tratti di un capolavoro? C’è da aggiungere, per onestà, che la protagonista, narratrice in prima persona, non risulta particolarmente simpatica, e non soltanto per il suo passato ma perché è pusillanime e lamentosa, e poi che il tema dell’impatto dei social sulle nostre vite, che secondo alcuni è il tema centrale del romanzo, ne è invece soltanto la cornice. Tuttavia, l’autrice, che nel frattempo è diventata una delle più affermate scrittrici di genere in patria, è stata brava a giocare con paure e emozioni che ci appartengono e a costruire una storia scorrevole e carica di tensione. Nessun legame, invece, con l’omonimo film del 2016, un horror psicologico abbastanza mediocre, per altro.