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Fuga nei mondi perduti

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Lontano futuro. Migliaia di mondi sono stati colonizzati dall’uomo: sette religiose, fazioni politiche, gruppi etnici fra i più disparati hanno preso possesso di pianeti remoti combattendo con ambienti ostili e creando civiltà a loro immagine e somiglianza. In assenza di un governo centrale e di una legislazione unica, l’ordine è mantenuto dalla CCPI, la Compagnia di Coordinamento Polizia Interplanetaria. In tutta la “dominazione gaenica” vige l’unità monetaria e continui scambi commerciali sono garantiti da compagnie private di navigazione spaziale. Il giovane Myron Tany, del mondo di Vermazen, ha vissuto un’infanzia tranquilla e serena ma sogna da sempre la navigazione spaziale, malgrado i genitori aspirino per lui a una carriera diplomatica o finanziaria. Myron si è quasi rassegnato a un futuro in Borsa e a studiare Cosmologia solo per hobby quando un evento imprevisto cambia le carte in tavola. La sua prozia, madame Hester Lajoie, una ricchissima signora di mezza età mondana e vanitosa dal carattere tempestoso che frequenta amanti molto più giovani di lei e vive per sentirsi ammirata (sebbene sia tutt’altro che bella) alle numerose feste che frequenta, vince una causa civile per calunnia contro Gower Hatchkey, un ricco membro della Società di Gadroon che ha avuto l’ardire di definirla “vecchia strega imparruccata”. In risarcimento dei danni, la prozia accetta graziosamente una nave spaziale, la “Glodwyn”. Myron – come tanti altri – inizia a pressare la donna perché organizzi dunque un viaggio spaziale, ma lei pare non volerne nemmeno sentir parlare. Finché un giorno madame Hester Lajoie non legge sulla rivista “Nuove vie per il Benessere” uno strano articolo firmato con uno pseudonimo che illustra le stupefacenti proprietà di una sorgente sul misterioso pianeta Kodaira, dalla quale sgorga acqua capace di donare forza e longevità a chi la beve, una vera e propria fontana della giovinezza. Improvvisamente i viaggi spaziali iniziano ad avere un certo fascino, per lei. Resta da capire quale mondo si nasconda sotto il falso nome di Kodaira e chi abbia scritto l’articolo. Myron si mette al lavoro con entusiasmo…

Ports of call (tradotto in italiano con questo – forse – attraente ma fuorviante Fuga dai mondi perduti), datato 1998, è il penultimo romanzo scritto da Jack Vance, anzi in un certo senso l’ultimo, dato che il successivo Lurulu è il sequel di questo e quindi possiamo considerarli senz’altro due capitoli di uno stesso lavoro, pubblicati solo incidentalmente a qualche mese di distanza l’uno dall’altro. È un Vance ormai anziano quello della saga di Myron Tany, che fa esplicite autocitazioni mentre ci regala una storia che è un po’ una summa dello stile e dei temi che lo hanno reso un caso unico nella storia della Science fiction. Anzi, possiamo tranquillamente sostenere che qui più che mai la trama è un mero pretesto per inanellare una serie infinita di accadimenti picareschi, mondi esotici, usanze incredibili, personaggi assurdi e dialoghi bizzarri. Il tono è più divertito e divertente del solito, da vecchio lupo di mare dello spazio che racconta mirabolanti (e non del tutto credibili) avventure davanti al caminetto e che guarda con affetto venato d’ironia alle sue creature. Il ritmo cala un po’ nella seconda metà del romanzo, l’atmosfera vira sul sognante: si sente odore di “finale sospeso in attesa di sequel” lontano un miglio e la tensione narrativa ne risente, ma comunque il viaggio del “Glicca” al limite estremo della dominazione gaenica è godibilissimo e vale senz’altro la pena di essere intrapreso.